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298 LA NOVELLA D'INVERNO


Erm. Prima assiditi. Ora continua.

Mam. Che abitava vicino ad un cimitero. Ma vuo’ raccontarlo a voce sommessa, perchè niuno fuori di voi l’intenda.

Erm. Avvicinati dunque, e dimmelo all’orecchio. (entrano Leonte, Antigono, Signori ed altri)

Leon. Là l’incontraste? col suo seguito? e Camillo era con lui?

Sign. Dietro al bosco dei pini li vidi, e non vidi mai gente che corresse tanto: li seguii cogli occhi fino ai loro vascelli.

Leon. Quanto son sagace nelle mie congetture, e giusto nei miei sospetti! Oimè, piacesse al cielo che avessi meno penetrazione! Come infelice mi rende il possedimento di tal virtù! Può esservi un ragno annegato nel fondo di una tazza, e un uomo può bere in quella tazza senza restare avvelenato, perchè la sua immaginazione è serena; ma se si raffigura l’odioso insetto che ha inghiottito, egli allora si agita, e commuove la sua gola, e i suoi fianchi con orrende scosse affine di recerlo. — Io ho bevuto, ed ho veduto il ragno. — Era Camillo che gli teneva mano; era egli che tramava contro la mia vita e la mia corona: tutto quello ch’io sospettavo, era vero. Quello scellerato di cui mi servivo, era già impiegato da colui; ei gli ha scoperto il mio disegno, e ora si faranno beffe di me. — Come mai le porte vennero aperte così facilmente?

Sign. Fu per la sua grande autorità; egli si fece obbedire in simigliante guisa più di una volta.

Leon. Purtroppo lo so. — Date a me quel fanciullo, (a Erm.) son ben lieto che non l’abbiate allattato: sebbene rassomigli un po’ anche a me, voi gli avete nondimeno troppo comunicato del vostro sangue.

Erm. Che volete dire? È questa una beffa?

Leon. Sia condotto qui quel fanciullo, non vuo’ ch’ei le stia vicino: sia condotto qui tosto. Ella potrà intrattenersi così con quello di cui è incinta, che è opera di Polissene.

Erm. Non risponderò altro senonchè è una menzogna; e mi dovrete credere quand’anche fingeste il contrario.

Leon. Signori, esaminatela, esaminatela bene, e dite, se volete, che è una bella principessa; ma la giustizia che è nei vostri cuori vi faccia anche aggiunger tosto che è ben peccato che ella non sia del pari virtuosa. Non lodate in lei che la beltà esterna che sull’onor mio merita i maggiori encomii, e fate udir poscia quel sordo mormorio che esprime disapprovazione. Se ella è bella, e se per ciò dovrebbe esser amata, abborrita esser poi deve, perchè è un’adultera.