Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1859, VII.djvu/326

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ATTO QUARTO



Entra il Tempo come coro.

Temp. Sono io che reco piaceri a taluno e che pongo tutto alla prova. Io son la gioia delle persone dabbene e il terrore dei tristi; io maschero e strappo le bende dell’errore, e in virtù del mio nome intendo oggi profittare delle mie ali. Non me ne fate un carico, nè in mala parte guardate il rapido volo con cui trascorro sullo spazio di sedici anni, lasciando sì vasto intervallo nel nulla e nell’oblìo. Poichè è in mia podestà di rovesciare le leggi stabilite e di creare, o d’annientare un uso nello spazio di una delle ore di cui sono il padre, lasciatemi essere ancora quello che era prima che l’ordine e le costumanze antiche e moderne fossero stabilite. Io servo da testimonio ai secoli che le hanno introdotte e, come tale, gioverò agli usi nuovi che ora regnano; farò passare e invecchiare quello che adesso risplende, e lo renderò così antico, come lo sembra questa storia. Se la vostra indulgenza mi concede tale libertà, rivolgo il mio orologio, e fo prendere alla scena un gran corso, come se voi aveste intanto dormito. Lasciando Leonte agli effetti della sua pazza gelosia e del dolore da cui è oppresso, e per cui s’è ridotto alla più austera solitudine, imaginate ora, gentili spettatori, di essere nel bell’impero della Boemia, e rammentate che ho fatto menzione del figlio d’un re, che si chiama Florizel, come menzione debbo farvi di Perdita, le di cui grazie eguagliano le meraviglie dei suoi destini. Io non vi predirò la sua sorte, ma ve la porrò innanzi. La figlia di un pastore e la sua storia, saranno il soggetto di cui il Tempo v'intratterrà. Concedetemi la libertà che vi ho chiesta, se avete talvolta impiegato più male il vostro tempo che nol facciate ora, se no il Tempo stesso vi augura di non mai più male impiegarlo. (esce)

SCENA I.

La stessa. — Una stanza nel palazzo di Polissene.

Entrano Polissene e Camillo.

Pol. Te ne prego, buon Camillo, non infestarmi di più; soffro molto a rifiutarti quel che mi chiedi, ma morirei accordandotelo.