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366 COME VI PIACE


Cel. Oh mia povera Rosalinda! dove andrai tu? Vuoi che mutiamo padri? Io ti cederò il mio. Te ne scongiuro, non mostrarti afflitta più di me.

Ros. Ho ben più motivo per esserlo.

Cel. No; cara cugina: non sai che il duca ha espulsa me pure, quantunque sua figlia.

Ros. È quello ch’ei non ha fatto.

Ciel. Ch’ei non ha fatto, tu dici? Rosalinda, non prova dunque quell’amore che mi assicura, che tu ed io, non facciamo che uno. Oh, saremo divise l’una dall’altra! Verrem separate! No: mio padre cerchi un’altra erede. Su, combiniamo i mezzi di fuggire, pensiamo al luogo in cui ripareremo e agli oggetti che toglieremo con noi, nè volerti assumere sola il tuo fardello, portando sola i tuoi dolori. Sì, di’ ciò che vorrai, ma io ti giuro; per questo squallido cielo che sembra aver pietà del nostro dolore, ch’io verrò dapertutto con te.

Ros. Ma dove andremo?

Cel. Da mio zio.

Ros. Oimè! fanciulle come noi! Quali pericoli non correremo in tal viaggio. La bellezza tenta talvolta più dell’oro.

Cel. Indosseremo i cenci della mendicità, e ci sfigureremo il viso, onde passar per le vie inosservate.

Ros. Non sarebbe meglio, essendo io alta, che mi vestissi da uomo? Con una bella spada al fianco, una landa in mano è un aspetto fermo, io potrei tener a dovere ogni insolente.

Cel. Come ti chiamerò io allorchè sarai uomo?

Ros. Mi darai il nome che ha il paggio di Giove, Ganimede; e a te qual nome darò?

Cel. Un nome che abbia attinenza colla mia condizione: chiamami Aliena.

Ros. Ma, cugina, se guidassimo con noi il buffone di tuo padre, non ci potrebbe egli esser utile in viaggio?

Cel. Ei ci seguirà, se vogliamo, fino al termine del mondo. Lascia a me la cura di persuaderlo: andiamo a raccogliere i nostri gioielli e i nostri denari: fermiamo il tempo più propizio e i mezzi più sicuri per sottrarci alle persecuzioni che seguiranno la mia evasione: andiamo con gioia; è verso la libertà e non verso il bando che son rivolti i nostri passi. (escono)