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382 COME VI PIACE

quel che pesi una noiosa povertà. Ecco le persone per cui il tempo va di passo ordinario.

Orl. E con chi galoppa?

Ros. Col ladro condotto al patibolo: il quale, sebbene vada adagio, ponendo un piede dinanzi all’altro, arriva sempre troppo presto.

Orl. Con chi alfine si ferma?

Ros. Coi curiali quando trattano cause, perchè essi dormono durante i dibattimenti, e non s’avveggono che il tempo passa.

Orl. Dove abitate voi, bel giovinetto?

Ros. Con questa pastorella che m’è germana qui al termine di questa foresta, come una frangia sul lembo d’un abito.

Orl. Siete nativo di questi luoghi?

Ros. Al par del coniglio che vedeste saltellar qua e là.

Orl. V’è nel vostro accento qualche cosa di più delicato, che non avreste potato acquistare in un luogo così selvaggio.

Ros. Molti altri me l’han già detto; ma per verità io ho imparato a parlare da un vecchio zio divenuto divoto, che però in giovinezza visse nel mondo, e seppe innamorarsi. Io gl’intesi far molte prediche contro l’amore, e ringrassio Dio di non esser nato donna e di non essere esposta alle follie di cui egli accusava il sesso gentile in generale.

Orl. Vi sovverreste di qualcuno dei principali difetti ch’egli imputava alle donne?

Ros. Non ve n’aveva di principali; tutti si rassomigliavano.

Orl. Ditemi, ve ne prego, qualcuno di sì fatti difetti.

Ros. No, non vuo’ far uso del mio rimedio che sopra quelli che sono malati. V’è un uomo che percorre la foresta, e che si sollazza a guastare i nostri arboscelli, incidendo Rosalinda sulla loro scorza: egli appende odi ed elegie alle rose ed alle spine, che tutte divinizzano il nome di Rosalinda. Se potessi scontrarmi in quel pazzo, gli darei alcuni buoni consigli, perchè ei sembrami tocco da un male quotidiano.

Orl. Io son quell’uomo così cruciato dall’amore: amministratemi di grazia il vostro rimedio.

Ros. Non veggo in voi alcuno di que’ sintomi descritti da mio zio; egli m’ha insegnato a distinguere gl’innamorati, e son sicuro che voi non siete male.

Orl. Quali erano quei sintomi?

Ros. Una guancia magra e scolorata, che voi non avete; un occhio livido e insolcato, che non avete; uno spirito taciturno, una barba negletta, un vestire scomposto, una non curanza in