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ATTO QUARTO 41


Long. Vuoi mirare la tua amante? Guarda una delle mie scarpe e raffrontala al suo vìso.

Bir. Quando le strade fossero lastricate d’occhi simili ai tuoi non sarebbero abbastanza molli pei suoi piedi delicati.

Dum. Oh strana imagine! Allora la strada vedrebbe ogni sua cosa... come se ella camminasse sopra la testa.

Re. A che tanti discorsi? Non siam noi tutti innamorati?

Bir. Nulla è più vero, ed è per ciò cle siam tutti spergiuri.

Re. Finiamo dunque un vano dialogo; e tu, caro Biron, provami che il nostro amore è legittimo, e che la nostra fede non fu violata.

Dum. Sì, rendici questo servigio, e soja un po’ la nostra debolezza.

Long. Produci qualche argomento che ci autorizzi a proseguirò in questa passione, e che ci valga in difesa contro il diavolo.

Dum. Di’ qualche apologia pel nostro spergiuro.

Bir. Oh! vi son più ragioni che non ne occorrano. State attenti soldati dell’amore. Considerate quello che avete giurato in principio, di digiunare, di studiare, e di non vedere alcuna donna, proponimento troppo grave contro il reale impero della giovinezza. Potete voi digiunare? I vostri stomachi son troppo teneri, e l’astinenza genera infermità. Volete studiare? Il fondamento e l’eccellenza dello studio risiede nella beltà del volto d’una femmina. È negli occhi delle donne che trovasi il testo, il fondo, il libro, da cui scaturisce la vera fiamma di Prometeo. Tutti gli sforzi dello studio incatenano gli spiriti della vita nelle arterie, come il movimento e un’azione troppo lungo tempo continuata affaticano i nervi e la vigoria del viaggiatore. Giurando di non vedere alcuna donna, avete dunque giurato di non studiare, che era il principio e l’oggetto del vostro voto. Dove è nel mondo l’autore che dia così chiare idee della bellezza, come l’occhio di una fanciulla? La scienza non è che un accessorio, che sempre ne accompagna, e quando noi ci miriamo nelle pupille di una donzella amabile noi travediamo anche la scienza. Facemmo voto di studiare, miei signori, ma stoltamente lo facemmo, perchè primo ed unico maestro della vita è l’amore. Le altri arti non producono che sterili sapienti, che di rado mostrano qualche frutto dei loro sudori; ma l’amore rinforza tutto le facoltà dell’uomo, lo eleva al disopra della sua natura, rende gli occhi di un amante più fulgidi di quelli di un uccello, l’orecchio di un amante più sagace di quello di un selvaggio, ogni altro senso ne perfeziona. L’amoro non è egli forse il più possente in fra gli Dei? E quando parla