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72 LA DODICESIMA NOTTE O QUEL CHE VORRETE


SCENA III.

Una stanza nella casa di Olivia.

Entrano ser Tobia Belch e Maria.

Tob. Come diavolo mai mia nipote si prende tanto a cuore la morte di suo fratèllo? Io son sicuro che il dolore è nemico della vita.

Mar. In fede, ser Tobia, convien che veniate più presto la sera, perchè vostra nipote mormora assai delle vostre indebite ore.

Tob. Meglio che mormori essa, di quello che si mormori di lei.

Mar. È vero, ma bisogna che vi rassegniate ai suoi ordini. Dovete ancora guardarvi dall’aver troppo bevuto quando vi recate qui, perchè ieri la mia signora se ne querelava, come si querelava di quell’imbelle che le conduceste a farle la corte.

Tob. Chi? Ser Andrea Maldigota?

Mar. Appunto.

Tob. È uno dei più forti giovani che siano in Illiria.

Mar. Che val ciò?

Tob. Ed ha tre mila ducati di rendita.

Mar. Ma non li avrà che per un anno, perchè è pazzamente prodigo.

Tob. Via! Non arrossite a dir così? — Egli suona inoltre bene la viola, e parla tre o quattro lingue, parola per parola, senza libri: possiede tutti i buoni doni della natura.

Mar. Oh sì certo; e li possiede quasi al naturale: egli è la sentina di tutte le virtù.

Tob. Per questa mano sono detrattori coloro che di lui dicono ciò. — Chi sono essi?

Mar. Persone che aggiungono anche ch’egli si ubbriaca ogni notte in vostra compagnia.

Tob. Se ciò accade, è per i gran brindisi che facciamo a mia nipote, alla di cui salute io verserò tazze finchè vi sarà un passaggio nella mia gola, e una vigna in Illiria. Un vile è colui che ber non voglia alla salute di mia nipote fino a che il cervèllo gli giri. — Su, fanciulla, assumi un contegno grazioso e polito, perchè, ecco ser Andrea Maldigota. (entra ser Andrea Maldigota)

And. Ser Tobia Belch! Come va ser Tobia Belch?

Tob. Dolce ser Andrea.