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ATTO PRIMO 81

che egli appartiene ad una schiatta illustre. Egli possiede la giovinezza nel suo pieno fiore: gode i suffragi di tutti; è liberale, dotto, prode, aggraziato della persona: ma in onta di tante doti, io non posso affezionarmegli, ed è già molto tempo ch’ei dovrebbe saperselo.

Viol. S’io vi amassi con tutta la passione del signor mio, e menassi come lui una vita dolorosa, non troverei alcuna ragione, alcun senso nel vostro rifiuto, e nol concepirei.

Ol. E che fareste?

Viol. Innalzerei una capanna di salici vicino alla vostra porta, e invocherei l’anima della mia vita in quella dimora; ivi comporrei poemi sull’amor disprezzato, e canterei con tutta la lena, nel profondo della notte, facendo risuonare il vostro nome per le valli e pei colli, e costringendo l’eco loquace a dir perpetuamente Olivia! Voi non potreste trovar riposo nè per aria, nè per terra, se non aveste avuto pietà di me!

Ol. Tanto fareste? A qual famìglia appartenete?

Viol. Ad una che è al disopra della mia fortuna, quantunque la mia fortuna sia lieta. Sono gentiluomo.

Ol. Tornate dal vostro signore; io non posso amarlo. Fate che cessi dall’infestarmi, o mi mandi voi soltanto per istruirmi del partito a cui s’è appigliato. Addio, vi ringrazio delle vostre fatiche, e vi prego di godere in contemplazion mia questo piccolo dono.

Viol. Non sono un mercenario, signora; tenetevi la vostra borsa: è il mio padrone e non io che ha bisogno di ricompensa. Possa l’amore mutare in pietra il cuore che voi apprezzerete, e l’ardor vostro come la passione del mio padrone, non trovi a sua volta che disprezzo! Addio, beltà crudele. (esce)

Ol. A qual famiglia appartenete? Ad una che è al disopra della mia fortuna, sebbene la mia fortuna sia lieta. Son gentiluomo. — Sì, lo giurerei che lo sei. Il tuo linguaggio, il tuo aspetto, i tuoi atti, i tuoi sentimenti lasciano travedere stemmi gentilizii. — Non corriamo però troppo, se pure il messaggere non divenisse il padrone! In qual guisa si può così subitamente prendere il contagio? Mi pare di sentire tutte le perfezioni della tua giovinezza insinuarsi entro i miei occhi, amabile cavaliere. Ebbene, sia. — Olà, Malvolio!.... (rientra Malvolio)

Mal. Che mi comandate, signora?

Ol. Corri dietro a quel messaggere del conte, che mi lasciò qui un anello in onta mia: digli che non lo voglio. Raccomandagli bene di non lusingare il suo padrone, e di non alimen-