Vai al contenuto

Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1859, VII.djvu/93

Da Wikisource.
84 LA DODICESIMA NOTTE O QUEL CHE VORRETE


Seb. Se non volete distrugger l’opera vostra facendo morir quello che salvaste, non esigete ciò da me. Addio; il mio cuore è pieno di riconoscenza, ma mi sento sì debole, che male potrei esprimervela. Vi valga il mio silenzio. Addio; vado alla Corte del conte Orsino. (esce)

Ant. Il favore e la bontà di tutti gli Dei accompagnino i tuoi passi: ho molti nemici a quella Corte, senza di questo non tarderei a raggiungerviti... ma avvenga quello che si vuole, io ti amo tanto che per te tutti i pericoli mi sembrano un giuoco; e ti verrò dietro. (esce)

SCENA II.

Una strada.

Entra Viola; Malvolio la segue.

Mal. Non eravate voi dianzi con la contessa Olivia?

Viol. Sì, signore, e qui venni a lento passo.

Mal. Ella vi rimanda quest’anello, signore, che risparmiandomi la fatica di corrervi dietro, avreste potuto prendere voi stesso. Dice che dovete assicurare il signor vostro, ch’essa non lo ama, nè lo amerà mai, e vi proibisce di tornare a negoziare per lui, a meno che non sia per raccontarle in qual modo egli ha intesa la sua condanna: ora riprendete l’anello.

Viol. Essa lo ebbe da me, e nol ripiglierò.

Mal. Voi glielo deste per forza, ed ella vuole che vi sia reso. Se vale il pregio che vi chiniate, eccovelo ai piedi: se no, lo prenda chi vuole. (esce)

Viol. Io non mai le lasciai questo anello: qual è dunque la sua intenzione? Il destino nol voglia, si sarebbe ella invaghita di me! Certo mi guardava molto attentamente, e pareva che i suoi occhi esprimessero cose diverse da quelle che proferiva la sua lingua; poi non parlava che con voci interrotte, e in modo distratto. Ella mi ama certamente, e codesta è un’astuzia con cui m’invita a ritornare da lei. Un anello non è questo del mio signore; esso non gliene ha mandato alcuno, ed è a me che ella lo indirizza. Se ciò è, come è, povera infelice meglio sarebbe per lei di essersi innamorata d’un fantasima! Travestimento tu sei, lo veggo, un artifizio funesto dal quale il nemico del genere umano sa trar gran profitto. Quanto è facile a quegli che ha qualche vezzo per ingannare il cattivarsi il molle cuore delle femmine! Oimè è colpa della nostra fragilità, e non di noi: perchè, se noi siamo tali, è