Pagina:Saggio sulla felicità.djvu/21

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cia tornar addietro spuntate le freccie dall’avversa sorte scagliate, e sta in noi il persuadere altamente al nostro intelletto, che il vero bene, la voluttà la più soave, ed i piaceri li più durevoli, solo dalla virtù ci possono venir compartiti, e che per giungere al tempio della felicità, passar conviene sotto l’auguste volte immortali, alla sublime, ed incontaminata virtude sacrate dall'umano universale consentimento.

Non pertanto ripeto, che quantunque io tenga per infallibile non poter andar disgiunta da virtude la felicità, nullostante ch’io non convengo nell’avviso di coloro, che dicono esser felice ogni uomo virtuoso. Accorderò, che questi, tormentato da dolorosa malattia, saprà con animo intrepido sopportarne le pene; accorderò, che, fatta la sua fama bersaglio della mordace maldicenza, troverà nella purità di sua condotta conforto; accorderò, che, ridotto alla mendicità o da barbare leggi, o da tirannico volere, procaccierà di riparare alle non meritate sciagure, traendo onorato sostentamento, o dalle forze del suo ingegno, o da quelle del suo corpo, anzichè darsi in braccio di vile disperazione; ma dirò, che in tutti questi casi, la virtù rende bensì dell’uomo meno infelice la sorte, ma


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