Pagina:Saggio sulla felicità.djvu/8

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bre sdegnose aggirarsi di violate vergini, di madri per gli estinti figli crucciose, di sposi per contaminati letti frementi, e parevami, che con ogni maniera di tormento, espiar facessero le commesse scelleraggini ai loro crudeli oppressori. Io piangeva sulla misera sorte di quegl’infelici, che menarono giorni bagnati di lacrime sotto il ferreo giogo dell’ignoranza, del fanatismo, e della superstizione.... Ma che? son io forse di loro più felice (a me stesso rivolto esclamai) e meco lo è forse questa sì culta sì dotta sì gentile generazione, che ogni disciplina ogni umano provvedimento ha sparso di luce cotanta? Per essersi resa più squisita la sensibilità delle nostre fibre, son esse forse diventate più acconce a ricevere le sensazioni piacevoli, ed a rimuovere le dolorose? Coll’accrescersi de’ nostri bisogni fittizj, si son forse accresciuti in proporzione li mezzi eziandio di appagarli? Dovrò io credere, che il sommo Moderator delle cose, da parziale giudizio guidato, rovesci talora sulla terra l’urna abborrita de’ mali, e che ad epoca più felice, quella riservi de’ beni?

Aveva appena pronunziati questi ultimi detti, che d’improvvisa fiamma vidi il cielo avvampare, ed ascoltai lo scoppio del tuono, che con orribile


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