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danajo da Lei via portato. Le quali cose intese dalla brigata, in essa vi fu chi, preso a cuore il commesso errore del Giovane, a Lui il vegnente mattino sen venne, ed ogni cosa minutamente narrogli. Il quale, poiché tutto inteso ebbe, piacevolmente sorridendo così all’amico rispose: «Sappiate, gentil Messere, ch’io sono capacissimo di quanto dite, e conosco che dite vero, avvegnaché del costume di vostra Città ne sono informato molto bene, che dalle Donne non si vuol ricever nulla di ciò che in giuocando ad esse vincesi; e quando appunto con queste a giuocare avuto io m’avessi, religiosamente questa usanza sarebbe per me stata eseguita, alla quale altresì io non ho posto mente, poiché con esse che fare non ebbi, avvegnadioché quella Persona, a cui io ho vinto il danajo, quanto un Cavaliere la tengo, e terrolla mai sempre, che più sembiante di donna non serba colei, cui l’invido tempo al volto ogni colore e grazia ha rubato, e solo un vestigio dell’antichità in retaggio lasciolle; e perciò torto alcuno non istimo averle fatto io, qualor con essa usai quelle leggi che tra Cavalieri si osservano. Laonde Voi, a cui mille obblighi io professo avere, ad essa in mio nome potrete andarvene, e ogni mio detto per giustificazione mia significarle; né crediate forse che ciò dica io per tenerla in gogna, che anzi ne fo di Lei grandissima stima».

Se forte rimanesse meravigliato l’Amico del nuovo trovato di Conrado per

cacciarsi