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Pagina:Saint-Pierre - Paolo e Virginia, 1883.djvu/42

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paolo e virginia 35

questo senza lusingare le buone e le cattive passioni altrui. E non posero minore studio nello scansare d’affratellarsi colla gente minuta, di cui sono vizj ordinarii l’invidia, la maldicenza e la rozzezza. Sulle prime adunque parvero timide agli uni, e gli altri le accusarono d’alterigia; ma i loro modi riservati erano accompagnati da sì aperti contrassegni di cortesia e di civiltà, massime verso gl’indigenti, che a poco a poco si procacciarono esse il rispetto de’ ricchi e la confidenza de’ poveri.

Dopo la messa erano spesso richieste di qualche opera di carità. Una persona afflitta aveva bisogno di consiglio, un fanciullo le pregava di andare a visitare sua madre ammalata; recavano esse qualche rimedio sempre con sè per le malattie comuni fra questa gente, e vi mettevano la buona grazia che aggiugne cotanto prezzo ai piccoli offici. Era sopratutto virtù loro particolare il guarire le malattie dell’animo, che pesano tanto agli ammalati ed ai solitarii. La signora De la Tour parlava con sì grande confidenza della divinità, che il malato, a que’ discorsi, la vedeva intorno a sè. Virginia usciva spesso di là colle lagrime sugli occhi, ma col cuore ridondante di gioja per avere avuto campo di far del bene: eran fatte di sua mano le medicine e le presentava con un garbo indicibile. Fatti questi umani uffizj, esse continuavano alcuna volta il loro cammino, e pigliando la valle del monte Lungo venivano a casa mia, dove io le aspettava a desinare sulla sponda del fiumicello che scorre vicino a me. In quella circostanza io procurava d’avere qualche bottiglia di vino vecchio, per accrescere l’allegria del nostro desinare indiano con quella soave e cordiale produzione europea. Un’altra volta era nostro punto di riunione la spiaggia del mare dove metteva capo alcuno di que’ piccoli fiumi, che in quest’isola sono poco più che ruscelli: colà noi recavamo dalle nostre case alcuni frutti della terra che mettevamo presso a quelli che il mare ne forniva a dovizia: si pescavano lungo le rive, granchi, ricci, locuste, triglie, ostriche e conchiglie di mille forme. Dai luoghi più terribili godevamo spesso i più quieti diletti: seduti qualche volta sopra uno scoglio, all’ombra d’un velutiero, vedevamo le onde venire d’alto mare a frangersi ai nostri piedi