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6 al polo australe in velocipede


Aveva già fondato parecchi Club e di molti era il presidente.

Il secondo, invece, era un ricchissimo armatore, proprietario di una trentina di navi a vela ed a vapore e di un grandioso cantiere, ed era pure noto pei suoi numerosi viaggi intrapresi in tutte le regioni del globo e particolarmente nei mari australi del circolo polare.

Bei tipi entrambi però, audaci, risoluti, decisi a tutto. Erano tutti e due di statura atletica, con membra poderose, muscoli di ferro, abituati ai più duri esercizi del corpo; erano diversi soltanto nelle tinte. Mentre l’americano aveva i capelli e la barba nera e la pelle bruna, che tradivano un incrocio di razze nordiche colle meridionali, l’altro invece aveva i capelli e la barba rossi e la pelle rosea come un anglo-sassone.

Riprendiamo ora il filo della nostra veridica istoria.

Il signor Wilkye, dopo d’aver vuotata la sua tazza di birra per umettarsi la gola, disse:

— Questa spedizione inglese, così miseramente naufragata...

— Tagliate corto, lo interruppe Linderman.

— Adagio, caro signore, disse l’americano. Il signor Bisby deve essere illuminato.

— Grazie, amico, disse il negoziante di carni salate.

— Questa spedizione, dunque, era stata organizzata da Leight Smith, un uomo che aveva già conoscenza dei mari polari. Era partita da Peterheaand il 14 giugno dello scorso anno, diretta al polo, portando provviste per quattordici mesi.

Componevasi di Smith, d’un capitano, d’un chirurgo e di ventidue marinai. Il 23 luglio l’Eira, tale era il nome della nave, giunse alla terra Francesco Giuseppe, ma colà si vide la strada chiusa dai ghiacci.