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180 al polo australe in velocipede


— A domani, disse Wilkye.

Stavano per rizzare la tenda, quando udirono a breve distanza un rauco urlo, che pareva emesso da un animale.

— Avete udito, signor Wilkye? chiese Peruschi.

— Sì, rispose questi, che pareva assai sorpreso.

— Che ci siano delle foche?

— Non è il ruggito d’un leone marino, e poi delle foche qui, fra i monti, a cinquecento miglia dalla costa?

— Gli esploratori che visitarono le sponde di questo continente, hanno mai fatto menzione di animali feroci?

— Mai, ma si sono limitati a visitare solamente le coste. Chi può dire che non ne esistano nell’interno?

Il rauco urlo si fece udire più vicino. Pareva che uscisse da un profondo crepaccio che formava una specie di caverna, addentrantesi nel fianco della vicina montagna.

— Andiamo a vedere, disse Wilkye, armandosi di fucile. Sono curioso di sapere quali animali popolano questo continente.

S’appressarono tutti al crepaccio ma con precauzione, non sapendo ancora con quale avversario avevano da fare; ma percorsi soli pochi passi, videro comparire sette od otto animali che avevano l’aspetto di lupi, senza però aver l’aria feroce di quei carnivori delle regioni boreali. Avevano il pelame eccessivamente folto e lungo, le orecchie corte, le gambe magre ed emettevano dei rauchi urli.

Vedendo i tre esploratori, s’arrestarono sorpresi, non avendo forse mai, prima di allora, veduto degli uomini, poi fecero un brusco voltafaccia e s’allontanarono con grande rapidità, salutati da una triplice scarica che gettò a terra i due più grossi.

— Sono lupi, disse Peruschi, che si era affrettato a raccogliere le prede.