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192 | al polo australe in velocipede |
— Ognuno farà il suo quarto di guardia. Ed il vostro velocipede, si è guastato, Peruschi?
— No, signore. Ho avuto la precauzione di allontanarlo subito, prima che le zampaccie dell’orso me lo rovinassero. Sarebbe stata una disgrazia irreparabile.
— È vero, Peruschi; sareste stato costretto a rimanere qui, ed a ritornare alla costa a piedi. Facciamo a pezzi l’orso. Abbiamo dell’alcool e la piccola lampada ci permetterà di arrostire alcune costolette.
Mentre Blunt rizzava la tenda, Wilkye e Peruschi armatisi di scure e di coltello, si misero a sezionare l’orso, dopo d’averlo privato della folta pelliccia. Scelsero il pezzo migliore, ne misero da parte alcuni altri che dovevano servire nei giorni susseguenti e il rimanente chiusero in un cairn per ritrovarlo al ritorno, non potendo, come è facile immaginare, caricarsi d’un peso così enorme.
Accesa la lampada, anche per rialzare un po’ la temperatura interna, facendo molto freddo anche sotto la tenda, misero ad arrostire un pezzo d’orso, il quale non tardò a spandere all’ingiro un odore appetitoso.
— Se ci fosse qui Bisby, quale scorpacciata farebbe! disse Peruschi.
— Ne farà forse una migliore nella capanna, in questo momento, disse Wilkye. È venuto al polo per ingrassare, immaginatevi voi come saccheggierà le nostre provviste. Ho fretta di ritornare per tema di non trovarne più.
— Quale disgrazia, se ci desse fondo prima del nostro ritorno. Fortunatamente vi è la Stella Polare.
— Voi contate sulla nave? Io temo di non rivederla più mai.
— Credete che si sia fracassata, signor Wilkye?
— Che sia stata imprigionata fra i campi di ghiaccio.