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la scala, brontolando contro i costruttori che l’avevano fatta fabbricare così stretta da permettergli a malapena di passare. Dietro di lui salirono i barcaiuoli portando altre pesanti coperte, poi valigie enormi e per ultimo una grande pelle di bisonte.

Il capitano, sceso dal ponte, gli mosse incontro salutandolo cortesemente, poi gli chiese:

— A chi ho l’onore di parlare?

— Col signor Bisby, comandante.

— Non vi conosco, signore.

— Come! esclamò l’uomo grasso, sbarrando due occhi grossi come quelli d’un bue. Non conoscete Bisby, il negoziante di carni salate e...

— Ma vi dico...

— Membro della sezione Geografica di Baltimòra?

— Non ho questo onore.

— Fa lo stesso: io sono il signor John Bisby.

— Con vostro permesso non fa lo stesso, rispose il capitano. Il vostro nome non figura fra le persone che devono imbarcarsi.

— Vi dico che fa lo stesso, rispose l’uomo grasso, piccato. Oh che?... Si pretenderebbe che io chiedessi a voi il permesso d’imbarcarmi?... Per mille quintali di carne salata!... Voglio andare al polo anch’io, se vi garba!... Pago... e basta!...

— Ed io vi ripeto che non vi conosco, che non ho ricevuto alcun ordine a vostro riguardo e perciò vi prego di andarvene.

— Io andarmene! tuonò l’uomo grasso, con un vocione da essere udito a due chilometri di distanza. Per chi mi prendete voi? Per un mariuolo forse? Vi dico che voglio andare al polo poichè voglio diventare il presidente degli uomini grassi e gettare giù di scanno quel signor