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216 al polo australe in velocipede


immacolati, e rapirti i segreti che la scienza attende e che io non posso svelare.

Balzarono sulle loro biciclette e s’allontanarono rapidamente attraverso il banco, seguendo il 68° meridiano che doveva condurli sulla terra di Graham, mentre la bandiera stellata dell’Unione ondeggiava ai venti del polo australe, sulle sponde del mar libero.

La giornata era splendida e la temperatura, caso davvero strano per quelle regioni dei geli e delle nevi eterne, rammentava quasi, per la sua mollezza, una delle giornate primaverili dei climi temperati.

Il sole, che era già alto sull’orizzonte, faceva perdere ai ghiacci il loro triste aspetto, e li faceva scintillare come enormi massi di cristallo, incrostati di opali e di smeraldi, e riflettere vagamente i colori dell'iride. Taluni colpiti di traverso dai raggi, pareva che fiammeggiassero, ed altri, perduti sui lontani margini del grande campo, pareva nuotassero in mezzo ad un mare porporino.

Torrentelli e cascatelle d’acqua cadevano zampillando dagli ice-bergs che forse avevano sfidato lo sgelo per più secoli, e per la pianura scorrevano, mormorando, dei rivoletti che poi sparivano entro i crepacci con allegro sussurrìo.

Anche gli uccelli pareva che festeggiassero quella dolce ed insolita temperatura. Grandi stormi volteggiavano sopra il campo, passavano rasente ai velocipedisti, salutandoli con le loro rauche grida, e gareggiavano con loro, quasi li invitassero a fuggire quelle inospitali regioni.

Perfino delle foche erano uscite dai crepacci aperti nel ghiaccio ed erano venute a respirare quell’aria tiepida ed a scaldarsi ai raggi del sole. I tre velocipedisti