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capitolo xxiv. - i primi freddi 229


Il 19, dopo un riposo di ventiquattro ore, riprendevano l’interminabile corsa attraverso il continente, ma ormai era troppo tardi! L’inverno polare si avanzava di gran galoppo e stava per raggiungerli, e per colmo di disgrazia la fame pure si avanzava a passi di gigante.

Avevano cominciato a soffiare i venti del sud i quali trascinavano con loro dei nebbioni sempre più pesanti ed abbassavano la temperatura. Le prime nevi non dovevano essere lontane.

Già il cielo aveva assunto quel triste aspetto, particolare di quelle regioni; la tinta azzurra era scomparsa per dar luogo ad una tinta grigiastra, appannata, che il sole, il quale lottava penosamente contro l’incalzante inverno, non era più capace di rallegrare coi suoi raggi sempre più smorti.

I ghiacci si rinsaldavano dappertutto: le fessure ed i crepacci si chiudevano, le montagne di ghiaccio s’alzavano e le pressioni si ripetevano sovente, specialmente alla notte, costringendo gli esploratori a delle lunghe veglie.

Il 24 febbraio, mentre avevano raggiunto l’80° parallelo, cadde la prima neve. Fu una giornata triste per gli esploratori e le loro inquietudini crebbero. Cominciavano ormai a disperare di poter raggiungere la costa prima della partenza dei loro compagni, i quali forse li ritenevano ormai morti.

— Coraggio, amici miei, disse Wilkye, vedendo i suoi due compagni tetri e pensierosi. Forse fra pochi giorni possiamo ricevere qualche aiuto.

— Su chi sperate? chiese Blunt. Io ormai ho perduta ogni illusione.

— Su Bisby, rispose Wilkye. Forse ha organizzato una spedizione di soccorso, e ci cerca.