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capitolo xxiv. - i primi freddi 231


tersi in viaggio, ma dopo sessanta miglia, Peruschi, che già da qualche giorno accusava un profondo malessere ed una prostrazione generale, fu costretto a fermarsi.

Il disgraziato si sentiva completamente stremato di forze e la pelle del viso era cosparsa di macchie livide. Di più, si lamentava di dolori acuti alle gengive e la sua bocca tramandava un fetore insopportabile.

— È nulla, disse Wilkye, che pure era diventato pallido. Un po’ di riposo basterà per rimettervi.

Fece rizzare la tenda, consigliò il malato a coricarsi costringendolo a masticare alcuni pezzi di patata cruda che aveva preziosamente conservati ed alcune pastiglie di calce che teneva nascoste nel suo sacco da viaggio, poi, traendo da parte Blunt, gli disse:

— La nostra situazione sta per diventare disperata: fra poco saremo costretti ad abbandonare le biciclette.

— Perché, signore? La neve si è gelata e ci permetterà di continuare il viaggio.

— È vero, ma avremo un ammalato da portare e le biciclette ci saranno più d’impaccio che d’utilità.

— Dunque Peruschi?...

— È stato colpito dallo scorbuto e fra breve non potrà reggersi in piedi.

— È tremendo questo male?

— Trascurato, può diventare fatale per la persona che ne è stata colpita.

— Ma da cosa deriva questo male? Mi hanno detto che gli esploratori polari ne sono stati colpiti assai di frequente e così pure i marinai che intraprendevano lunghe navigazioni.

— Secondo alcuni deriva dalla mancanza di vegetali e dalle carni salate, secondo altri dall’insufficienza di alimenti, pel freddo, per l’umidità e per le lunghe veglie.