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32 al polo australe in velocipede

CAPITOLO IV.

Dalle Bermude alle Falkland.

La mattina del 4 novembre, la Stella Polare, che aveva mantenuto una velocità di quindici miglia all’ora, avvistava le Bermude ad una distanza di sette leghe.

Queste isole sorgono in pieno Oceano Atlantico, e la loro scoperta rimonta al 1522, nella cui epoca furono per la prima volta visitate dal navigatore spagnuolo Bermudes. Fu secondo l’inglese Pommers, che vi fu spinto dai venti nel 1609, rimanendovi per oltre nove mesi, essendo la sua nave naufragata.

Sono in numero di quattrocento, ma poche sono le abitabili, parecchie essendo semplici scogliere. Bermuda è la più grande avendo ventidue chilometri di lunghezza e due di larghezza; poi vengono S. Giorgio, S. David, Somerset, ecc. Vi sono parecchi buoni ancoraggi, ma quanto è triste il soggiorno in quelle isole perdute in mezzo all’Atlantico! L’aridità dei loro monti e delle loro coste, la tinta grigia, nebbiosa del loro cielo, i loro villaggi che sono formati da casette basse, costruite con una pietra molle come la pomice e coperte di foglie di palmizio; il puzzo che tramandano i pesci messi a seccare sulle spiagge, gli uragani formidabili che di frequente le devastano, danno loro un aspetto che non è certo rallegrante. Pure contano circa diecimila abitanti, per la maggior parte negri, tutti valenti marinai che pescano da mane a sera e che lavorano accanitamente le terre per non morire di fame. Nei mesi di marzo e di aprile,