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capitolo vi. - i furori del capo horn 53


Già numerosi ghiacciuoli, piccoli hummok, piccoli streams che hanno la forma circolare e dei palks che sono invece di forma allungata, s’avvoltolavano fra la spuma delle onde, urtandosi e stritolandosi rumorosamente.

L’elica della Stella Polare, che turbinava senza posa, li frantumava in gran numero, mentre l’affilato sperone di acciaio li spezzava con lunghi stridii.

Gli uccelli marini diventavano più radi e si vedevano grandi bande fuggire verso la costa della Terra del Fuoco, temendo senza dubbio di non resistere alla furia della burrasca che già brontolava nelle regioni australi. Solamente i Megalestris antarctici, specie di gabbiani che somigliano un po’ ai falchi, con ali ampie, becchi corti ma robusti, e penne bruno-oscure, volteggiavano sopra le onde e si tuffavano arditamente negli avvallamenti, sfidando le ire dell’oceano.

Il capitano Bak, dopo aver consultato il barometro che s’abbassava a vista d’occhio, si era affrettato a prendere delle misure per non lasciarsi cogliere dalla tempesta impreparato. Conosceva la triste fama di quei paraggi, dove i venti non hanno più direzione e dove le onde raggiungono altezze spaventose e soprattutto la sinistra celebrità del temuto capo Horn, vero spauracchio dei naviganti.

Fatte assicurare saldamente le imbarcazioni alle grue, aveva fatto rinforzare le manovre fisse, preparare le rande ed i fiocchi per essere pronto a farli spiegare nel caso che avvenisse qualche guasto nella macchina; chiudere ermeticamente i sabordi, sgombrare la coperta di tutte le cose inutili e per colmo di precauzione, preparare le pompe. Compiuti quei preparativi, comandò di affrettare la marcia, per attraversare lo stretto di Le-Maire prima che l’uragano scoppiasse. Voleva trovarsi libero, lontano da quelle