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capitolo vii. - una balena speronata 61


È una rupe enorme, isolata, composta di rocce nere sulle quali non nasce alcuna pianta. I suoi fianchi cadono a piombo sull’Oceano, che è quasi sempre agitato e le onde s’ingolfano attraverso alle sue scogliere con cupi fragori.

Cornelio Schouten, olandese, che esplorava quelle estreme regioni dell’America meridionale in compagnia di Le-Maire, fu il primo a scoprire quel capo nel 1616, e lo chiamò Horn a ricordo della propria città natia.

L’uragano pareva che raddoppiasse la furia attorno a quella gigantesca rupe, quasi volesse confermare la sinistra fama che essa gode. Ondate enormi l’assalivano da tutte le parti, risalendo le scogliere con fragori formidabili e cacciandosi con sordi muggiti, entro le caverne marine, scavate dall’eterna azione delle acque irritate. Sulle nere vette, lividi lampi balenavano tingendo l’oceano d’una luce cadaverica e si udiva lassù muggire tremendo il vento.

— Paese infernale! esclamò Bisby spaventato. Se questa è la via che conduce al polo, preferisco starmene per sempre a Baltimora.

— È troppo tardi, amico mio, disse Wilkye che conservava sempre un ammirabile sangue freddo. Non crediate però che questo uragano duri eternamente; si calmerà e fra breve saluteremo il sole polare che tramonta a mezzanotte.

Infatti di passo in passo che la Stella Polare si allontanava dai paraggi della Terra del Fuoco inoltrandosi nell’oceano Antartico, l’uragano pareva che perdesse rapidamente la sua foga.

Il vento, non più arrestato dalle isole, soffiava con meno violenza, conservando una sola direzione, e le onde, non più infrante e respinte, pur conservandosi molto alte, continuavano a spiegarsi liberamente correndo dal sud-est al nord-ovest.