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66 al polo australe in velocipede


dinario malgrado l’orribile ferita, faceva paura e perfino Linderman e Wilkye erano diventati pallidi.

Mentre colla coda percuoteva furiosamente le onde per precipitare l’attacco, dalla sua gola uscivano note così acute, da poter essere udite a cinque miglia di distanza.

La Stella Polare aveva ripreso la sua marcia in avanti e muoveva diritta sull’assalitrice, ma descrivendo un semi-cerchio per non abbordarla di fronte. Il capitano Bak, ritto sul ponte di comando, tranquillo come se si trattasse di far eseguire una semplice manovra, non staccava gli occhi dalla balena.

Ad un tratto questa s’inabissò bruscamente, formando una specie di vortice.

— Macchina indietro! comandò il capitano.

La Stella Polare percorse una dozzina di metri trasportata dal proprio slancio, poi s’arrestò.

L’equipaggio, vivamente impressionato, scrutava attentamente le acque per vedere se il cetaceo appariva, temendo che sorgesse improvvisamente sotto la goletta.

— Macchinista, attenzione! gridò ad un tratto il capitano.

A cinquanta metri dalla goletta, fra due larghe ondate, si scorgeva un remolìo che sempre più si accentuava e si estendeva. Poco dopo apparve un punto nero: era l’estremità del muso della balena; indi apparvero gli sfiatatoi, i quali lanciarono in aria una doppia colonna di vapore biancastro, che saliva in forma di V.

— Sperona Waldek! gridò il capitano Bak.

La Stella Polare si precipitò innanzi a tutto vapore, colla velocità di venti nodi all’ora. D’improvviso avvenne un urto violento che fece stramazzare sul ponte l’intero equipaggio, e la goletta s’inchinò a poppa, ma trasportata dallo slancio e dalle turbinose evoluzioni dell’elica,