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il vortice 83


— Quanti giorni sono scorsi dacchè abbiamo riempito il barile?

— Cinque o sei, rispose O’Connor.

— Da quel dì hai assaggiato le acque del fiume?

— No, signore.

— Sei giorni sono troppi. Preferisco andare innanzi.

— E il pranzo? chiese O’Connor.

— Gettalo via e se hai fame metti sotto i denti dei biscotti. Sbrighiamoci amici; non abbiamo tempo da perdere.

Fece chiudere in sei bottiglie il prezioso liquido contenuto nel barilotto, fece accendere tutte le lampade per ottenere la maggior luce che era possibile, indi diede il segnale della partenza.

L’Huascar, che non aveva sofferto avarie di sorta, malgrado le forti ondate e i franamenti, si rimise in marcia, fendendo le acque con un fremito sonoro.

Il nuovo fiume era largo più di centocinquanta passi, impetuoso e, a quanto sembrava, assai profondo. A destra e a sinistra lo fiancheggiavano due smisurate pareti nere, tagliate a picco, senza un foro, senza una fessura e perfettamente asciutte. Sir John s’avvide a primo colpo d’occhio che quelle rocce erano di natura vulcanica.

— Se queste pareti non cambiano, molto probabilmente non si troverà una goccia d’acqua, diss’egli a Burthon che rosicchiava voracemente un pezzo di carne secca.

— Ma come mai l’acqua di questo fiume è diventata salata? chiese il meticcio.

— Non è facile a dirlo. Forse il fiume ha qualche comunicazione col golfo del Messico.

— Che brutta idea ch’ebbe il Creatore di salare i mari.