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una miniera di carbone che arde 29


da dove proveniente, portava attraverso le tenebre.

— Quattro minuti! esclamò ad un tratto l’ingegnere.

Un istante dopo una fiamma gigantesca squarciava la miniera scagliando a destra e a sinistra enormi massi di carbone e saliva verso la vôlta illuminando vivamente le caverne e le gallerie, seguita subito da uno scoppio formidabile paragonabile solo allo scoppio simultaneo di cento pezzi d’artiglieria.

Parve che tutto crollasse. Tremò il suolo, traballarono le rupi, tentennarono le colonne, franarono in varii luoghi le vôlte lasciando cadere enormi roccie. I quattro esploratori, investiti da una furiosa corrente d’aria caddero a terra l’un sull’altro e le lampade si spensero.

Per cinque minuti un continuo fragore, mandato e rimandato dagli echi degli antri, delle caverne e delle gallerie, turbò il silenzio che poco prima regnava nelle viscere della terra, poi a poco a poco cessò.

L’ingegnere, Morgan, O’Connor e Burthon ammaccati per l’improvviso capitombolo, si alzarono guardando all’ingiro colla più viva ansietà.

Nella galleria regnava una profonda oscurità, essendosi, come si disse, spente le lampade, ma al di là, verso la miniera, si vedevano scintillare centinaia e centinaia di massi di carbone e proprio nel mezzo, su una lunghezza di oltre centocinquanta piedi, una gran fenditura fiammeggiante che mandava in aria nembi di faville e nubi di fumo.

— Accendiamo le lampade, disse l’ingegnere.

Le lampade di sicurezza furono accese e i quattro esploratori uscirono dalla galleria che comin-