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veva comprendere le stanze dei marinai, degli ufficiali, i magazzini e le polveriere.

Il 21 giugno di buon mattino i marinai si misero al lavoro per compiere quell’opera gigantesca ideata dal genio infernale del capitano Parry.

Dal primo all’ultimo si convertirono in muratori e si diedero a lavorare indefessamente da mane a sera, cominciando dapprima ad innalzare il fabbricato interno.

Quel casamento costruito a tutta prova di solidità, costò loro un mese di lavoro, ed altri due ne furono necessari per l’innalzamento della cinta coi relativi bastioni.

Per ultimarla essi furono costretti a strappare a forza di braccia i sassi dalla roccia e dovettero minare alcuni scogli, raccogliendo i rottami in fondo al mare a prezzo d’impagabili fatiche.

Quella cinta aveva oltre un metro di spessore e qua e là erano stati aperti dei fori per puntarvi i cannoni, numerose fuciliere pei tiratori.

Nei giorni seguenti gli otto cannoni da trentasei furono trascinati sulla spianata e messi sui bastioni in modo che colle loro bocche micidiali dominassero tutto all’intorno l’oceano. Le botti delle munizioni furono pure trasportate lassù e rinchiuse nella polveriera situata nella parte più meridionale del forte, e così i viveri e le armi che vennero rinchiuse nei magazzini.

Ultimati quei diversi lavori, cento marinai presero dimora nel forte. In quanto agli altri cinquanta furono incaricati di rimanere a bordo della Garonna onde essere pronti a difenderla, nel caso che venisse scoperta la baia da parte di qualche nave nemica.

Dopo un riposo d’un paio di settimane, la mattina del 22 dicembre il capitano e cento marinai fra i quali Banes e Bonga, s’imbarcarono sulla Garonna per andar in cerca di qualche bel vascello dalla pancia rigonfia, proveniente o dall’India o dall’Australia.

Parry lasciò cinquanta uomini al comando d’un ufficiale a guardia del forte, quindi diede subito l’ordine della partenza.

Toste le vele furono spiegate e mentre i cannoni del forte tuonavano in segno di saluto, la Garonna, colla bandiera inglese sull’albero di maestra, usciva dalla baia, lanciandosi sulle onde azzurro-cupe dell’oceano Pacifico.

Il mare era calmo; però una leggera brezza spirava dal sud, e gonfiando le vele della leggiadra nave, la spingeva abbastanza rapidamente verso la costa australiana.

Il capitano, dopo di aver fatto caricare tutti i cannoni ed armare tutto l’equipaggio, attese pazientemente la comparsa di qualche nave dal ventre rigonfio. Passarono però alcuni giorni senza che nessuna vela comparisse all’orizzonte. Già l’equipaggio cominciava ad impa-