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16 e. salgari

— Non saprei; spero però che ci diranno qualche cosa, — e abbandonando l’ufficiale strisciò presso il negro più vicino e lo toccò.

Il guerriero si volse, e lo invitò a rimaner immobile.

— Abbiamo udito dei rami spezzarsi dinanzi a noi. Certamente laggiù, in mezzo a quella folta macchia, vi sono dei negri, — rispose il guerriero.

— Manda due dei tuoi in ricognizione. All’occorrenza siamo qui noi coi nostri fucili.

Il negro fece un cenno affermativo col capo, chiamò un compagno, ed entrambi, nascondendosi fra le erbe e fra le radici, si misero a strisciare verso la folta macchia.

I marinai, accovacciati fra le liane, coi fucili armati e pronti a qualunque evento, aspettavano ansiosamente. Il secondo, coll’occhio attento, seguiva le mosse dei due negri, tenendo le mani sui calci delle sue pistole.

— Ascoltate, — gli soffiò vicino l’ufficiale.

Il secondo tese gl’orecchi e udì dei rami spezzarsi, poi un grido rauco, inarticolato, ma che aveva qualche cosa di umano, echeggiò. Tutti spianarono i fucili in direzione della folta macchia. Senza dubbio dei negri vi si erano imboscati.

Ad un tratto un acuto sibilo si udì in aria, poi un grido terribile rimbombò e si vide uno dei guerrieri di Pembo tornare indietro, gettando all’intorno degli sguardi smarriti.

I marinai balzarono fuori dai cespugli. Nel medesimo istante dalla fitta macchia sorsero improvvisamente quattro negri.

Scagliate alcune frecce, sparvero salutati da quattro fucilate andate però a vuoto.

— Circondiamoli, — gridò il secondo. — Cerchiamo che non ci sfuggano!

I marinai si spinsero verso la macchia, coi fucili fra le mani ed i coltelli fra i denti.

Uno dei negri di Pembo giaceva al suolo colpito in pieno petto da un colpo di lancia, però nessuna traccia si scorgeva dei suoi uccisori.

— Penetriamo nella macchia, — gridò il secondo.

— Adagio, entriamo con precauzione, — disse l’ufficiale.

Dieci marinai e dieci negri scostarono i cespugli col ferro delle lance e con le canne dei fucili, entrando arditamente nella macchia.

Un negro, armato d’una lunga zagaglia, seminascosto dietro il tronco di un albero, si teneva pronto a contendere il passo. Vedendo i marinai gettò un grido acuto, spiccò un salto da far invidia ad un’antilope, e si slanciò su un marinaio, cercando di colpirlo. L’assalito parò il colpo col calcio del fucile, poi afferrata vigorosamente la zagaglia, la spezzò in due. Il negro impugnò allora l’azza di guerra; il marinaio lo affrontò col coltello in pugno, ma sdrucciolò sull’umido terreno, e cadde.