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i drammi della schiavitù 105


alberi si piegarono come se fossero stuzzicadenti e tre pennoni rovinarono in coperta storpiando due marinai.

La Guadiana, priva quasi di vele, si rovesciò sul tribordo, imbarcando un’onda immensa. I cannoni, rotti i freni, si precipitarono con cupo rimbombo addosso alle pareti, sfondando gli sportelli delle batterie e alcuni madieri. Quasi contemporaneamente fra i muggiti delle onde, i fischi tremendi del vento, i tuoni delle folgori e le urla feroci dei negri pazzi di terrore, si udì alzarsi da prua una voce e quella voce aveva gridato:

– La falla si è riaperta: andiamo a picco!...


XIV.


La zattera.


La Guadiana, la splendida e rapida nave del capitano Alvaez, era perduta: non era che questione di ore. Quale orribile ecatombe se affondava in pieno oceano, fra la tempesta scatenata, con cinquecentocinquanta uomini che la montavano fra negri e bianchi!...

Eppure più nessuna manovra, nessun sforzo potevano ormai salvarla: era una nave condannata a scomparire come l’incrociatore e come la nave degli emigranti, negli immensi e tenebrosi baratri dell’Oceano Atlantico. La sua prua, che per ben due volte aveva speronato i legni, nello spazio di soli pochi giorni, quantunque fosse stata costruita a prova di scoglio, come si suol dire, aveva troppo sofferto in quei due tremendi urti.

I madieri che si congiungevano coll’asta proviera si erano spostati, disorganizzando i corbetti ed i bagli e non potevano più opporre una grande resistenza all’impeto crescente delle masse d’acqua, che si rovesciavano addosso alla nave senza tregua. Forse a mare tranquillo la Guadiana avrebbe potuto salvarsi, ma con quell’uragano era impossibile, poichè non permetteva d’intraprendere alcun lavoro da parte dei carpentieri.

Al grido lanciato dal marinaio, che annunciava la imminente perdita della nave, Hurtado, Kardec, Vasco ed i carpentieri si erano precipitati nella camera comune per discendere nella stiva,