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la festa delle lanterne 7


L’altro invece, aveva l’aspetto di un vero orso. Faccia larga e un po’ piatta, naso grosso, mascelle assai sporgenti, occhi neri, barba e capelli lunghissimi d’un rosso infuocato e pelle quasi bruna.

Mentre il suo compagno aveva l’aspetto un po’ effemminato ed una statura appena superiore alla media, l’altro aveva un torso da bisonte, un petto da orso grigio, membra massicce e perfino le mani villose. Anche nelle mosse aveva qualcosa di pesante e di duro che contrastavano vivacemente con quelle agili e decise del compagno.

— Ebbene, Fedoro, ci si arriva? — chiese ad un tratto l’uomo tozzo, sbuffando come una foca. — Ne ho abbastanza dei cinesi e delle loro lanterne.

— Non sei entusiasta di questo spettacolo, Rokoff? — chiese il giovane, ridendo. — Eppure questa sera Pekino presenta delle scene meravigliose.

— Preferisco le mie steppe del Don, colle loro alte erbe: almeno là si può vedere il sole o la luna e anche bruciare selve e accendere pozzi di petrolio senza farsi schiacciare dalla folla.

— Tutti così questi cosacchi — rispose il giovane. — La steppa ed il loro fiume, le loro albe ed i loro tramonti, poi basta.

— È vero, Fedoro — rispose l’uomo barbuto, facendo una smorfia che voleva essere un sorriso. — Siamo un po’ selvaggi noi.

— Dunque, Pekino non ti alletta?

— Noi ci troviamo qui da tre ore, e non ho veduto finora altro che lanterne e fuochi artificiali; fuochi artificiali e lanterne. Ah! Mi dimenticavo anche zucche pelate e code; code e zucche pelate, e chiami tutto ciò uno spettacolo, Fedoro? Io ne ho fin troppo, te l’assicuro.

— Quando saremo a casa di Sing-Sing, non dirai più così.

— Troveremo almeno da mangiare? — chiese il cosacco, dimenando ferocemente le mascelle.

— E come? Ad un uomo che viene a contrattare cinquecento tonnellate di the polvere di cannone non vuoi che si offra da mangiare? Anzi giungeremo in buon punto per assistere ad uno di quei banchetti fenomenali che non scorderemo più, mio buon Rokoff.

— Ti assicuro che mi farò onore, perchè da Taku a oggi, non sono mai riuscito a calmare interamente la fame, quantunque abbia mandato giù non so quante terrine di riso, di pa-