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98 | capitolo tredicesimo |
Essendo la corrente non molto rapida, in causa della immensa larghezza del fiume e della poca pendenza del letto, in meno d’un quarto d’ora i tre aeronauti sbarcavano sul margine della foresta di pini e di querce, in un luogo che pareva assolutamente deserto.
— Vedete nulla? — chiese il capitano a Rokoff, il quale si era già cacciato sotto gli alberi, impaziente di fare un massacro di volatili.
— Non vedo alcuno.
— Siamo sul territorio tartaro? — chiese Fedoro.
— Sì, — rispose il capitano.
Vedendo passare sopra la propria testa una banda di fagiani argentati, il cosacco aveva prontamente scaricato i due colpi del suo fucile, facendo cadere al suolo quattro o cinque di quei superbi e deliziosi volatili.
La detonazione si era appena ripercossa sotto le piante, quando a breve distanza si udirono rimbombare precipitosamente alcuni colpi di tam-tam.
— Ah! Diavolo! — esclamò il cosacco, raccogliendo in fretta i volatili. — Che vi sia qualche villaggio in questi dintorni?
— Siamo in tre e bene armati e l’isola è lontana, — rispose il capitano. — Nessuno può supporre che noi siamo venuti di là! —
Le battute sonore del tam-tam erano cessate e più nessun altro rumore si udiva sotto i pini e le folte querce.
— Ritorniamo? — chiese Fedoro. — Sono inquieto pel vostro compagno.
— È al sicuro e noi vegliamo su di lui, — rispose il capitano. — Continuiamo la nostra caccia ed esploriamo la riva. —
Essendo i volatili tutti fuggiti dopo quelle due detonazioni, i tre aeronauti si cacciarono sotto le piante, dirigendosi là dove avevano udito risuonare il tam-tam.
Avendo dei buoni fucili fra le mani e abbondanti munizioni, non si preoccupavano molto della presenza dei tartari, uomini valorosi sì, ma pessimamente armati anche oggidì, usando ancora gli antichi archi.
I volatili ricomparivano e sempre numerosissimi, promettendo una caccia abbondante. Cingallegre grigie, grossi merli, re quaglie, tortore grossissime, corvi dal collare bianco, beccaccine e fagiani fuggivano in mezzo ai cespugli e fra i rami, offrendosi in fitte bande ai colpi dei cacciatori.