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i mangiatori d'oppio 105


— Maledetto paese! — esclamò Rokoff. — Non si può nemmeno fare colazione senza apprensioni! —

Stavano per slanciarsi attraverso il bosco, quando Fedoro si arrestò dietro un gruppo di pini colossali, esclamando:

— Fermi tutti!

— Che cosa c’è — chiese Rokoff.

— Ci hanno tagliato la ritirata.

— Chi?

— I manciù! Eccoli che si avanzano attraverso il bosco.

— Ah! Brigante d’un tartaro! — gridò Rokoff. — Egli ci ha traditi! Che siano i soldati del fortino?

— Lo saranno di certo, — rispose Fedoro.

— Nella casa, disse il capitano. — Là almeno ci troveremo al coperto e potremo resistere lungamente.

— E lo Sparviero? — chiesero con angoscia il cosacco e il russo.

— Il mio macchinista non è uomo da lasciarsi sorprendere e le eliche possono funzionare subito. Siamo noi invece che corriamo il pericolo di passare un brutto quarto d’ora. Fortunatamente abbiamo dei buoni fucili da caccia e mitraglieremo i manciù. —


CAPITOLO XIV.

Il tradimento del tartaro.

La casa del tartaro, quantunque avesse le muraglie di fango secco e il tetto di paglia, era un ottimo rifugio, sufficiente ad impedire alle palle di entrare nella stanza inferiore e anche in quella superiore.

La veranda che la circondava era solida e la porta massiccia, formata da grosse tavole di quercia con robusti arpioni di ferro. Quindi poteva servire da fortino contro uomini che dovevano possedere solamente dei pessimi fucili ad avancarica, vecchi di qualche secolo.

Il capitano, assicuratosi con un solo sguardo della robustezza delle pareti, le quali avevano uno spessore di mezzo metro, fece chiudere la porta barricandola con dei macigni che dovevano aver servito da sedili, poi salì nella stanza superiore per spiare meglio le mosse dei manciù. Come quella inferiore, non aveva