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la principessa di turfan 171

cominciata con Fedoro sul numero dei montoni e dei cammelli e sulle ricchezze che possedeva la vecchia strega.

Quando entrarono nella tenda, trovarono quattro capi della tribù, certe figure gigantesche, colle cinture riboccanti di pistoloni e di certe specie di corte scimitarre somiglianti alle tarwar dei montanari dell’Imalaya, e d’aspetto ben poco rassicurante.

La principessa aveva preso posto sul divanetto, mentre i servi avevano coperto il tappeto, che occupava parte della tenda, di giganteschi piatti ricolmi di cibi.

Vedendo comparire Rokoff, lo guardò sorridendo e gli fece un grazioso inchino.

Il cosacco, che non voleva scatenare una tempesta, specialmente con quei quattro figuri, rispose con un altro sorriso, anzi fece di più, giunse perfino a mandare un bacio, sulle punte delle dita, alla futura moglie! Se Fedoro non scoppiò in un’omerica risata fu un vero miracolo e dovette soffocarla con una tazza di kumis che per caso si trovava a portata della sua mano.

Stavano per cominciare la cena, quando entrò il capitano portando un cesto pieno di bottiglie di ginepro, whisky, gin, brandy e anche alcune di quel famoso liquore del monte Athos, che Fedoro e Rokoff avevano esperimentato dopo la celebre pesca delle trote.

Ne mise una dinanzi a ciascun commensale, tenendo in serbo quelle dei monaci, per dare più tardi l’ultimo colpo.

Quantunque avesse pranzato poche ore prima, il mandiki si era messo a divorare come una belva a digiuno da una settimana, gagliardamente imitato dai quattro capi e anche dalla principessa, la quale, fra un boccone e l’altro, guardava sempre Rokoff che le faceva gli occhi dolci, pur mandandola, in cuor suo, a raggiungere presto i suoi cinque mariti ed il diavolo.

Il mandiki, che aveva vantato la squisitezza delle bottiglie dei figli di Budda, si era attaccato alla sua con tanta avidità da asciugarla completamente in pochi minuti. Anche la principessa aveva cominciato a baciare la sua con tale frequenza da sperare che si ubbriacasse presto senza attendere il liquore del monte Athos.

I suoi occhietti neri a poco a poco si animavano, il suo naso adunco come il becco d’un pappagallo si coloriva meglio, diventando color cioccolata e si era messa a chiacchierare con vivacità, rivolgendosi più spesso verso Rokoff il quale, si capisce, non la comprendeva affatto non conoscendo il Calmucco.