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16 capitolo secondo


Poi pallottole di trifoglio, gamberi pestati, pinne di pescecane, piccoli pasticci di carne, lingue d’anitra in salsa bianca con aglio, zuccherini fritti in un olio puzzolente, oloturie in stufato, radici di zenzero, gemme di bambù sciroppate, e non mancano nemmeno i topi fritti, uno dei piatti più apprezzati dai celestiali.

Il vino nero manca totalmente, quantunque la Cina produca molta uva. Si bevono invece sciroppi d’ogni specie, liquori di ananas, d’arancio e d’altre frutta eccellenti.

I convitati, che dovevano prima aver subìto un lungo digiuno per far più onore alla tavola dell’anfitrione, avevano assalito vigorosamente le prime portate, onde mostrarsi persone bene educate e cercando di rimpinzarsi più che potevano.

Sing-Sing, d’altronde, era sempre lì per incoraggiarli. Ad ogni portata, rivolgeva a quello ed a questo dei convitati, che cominciavano a rallentare la foga, dicendogli con un amabile sorriso:

— Mio caro amico, voi non avete ancora mangiato nulla. Per caso trovate che la mia cucina non vi va?

— No, no — rispondeva l’interpellato, sbuffando. — Sono gonfio come un otre e la vostra cucina è assolutamente deliziosa.

E subito l’anfitrione di ripicco:

— So bene che la mia tavola non saprebbe darvi altro che dei cibi appena possibili, ma non ho di meglio. Fatevi coraggio e gli dei vi benediranno; non sdegnate dunque queste pessime vivande.

— I vostri cibi sono degni degli dei e quantunque io stia per iscoppiare, continuerò tuttavia a far onore al vostro pranzo.

Tutte frasi convenzionali, che si ripetevano su egual tono ad ogni portata, e che dovevano far sudare freddo ai poveri convitati, parecchi dei quali parevano sul punto di scoppiare davvero.

Chi faceva poco onore al pasto, senza però offendere Sing-Sing, erano i due europei. Il cosacco specialmente, non abituato a vedere in tavola nè topi, nè vermi, nè cavallette, quantunque il suo stomaco fosse d’una robustezza eccezionale, si era sentito più volte rivoltare gl’intestini e solo per non far dispiacere all’amico che lo teneva d’occhio, era rimasto al suo posto.

Brontolava incessantemente e faceva certe smorfie e certi occhiacci, da far scoppiare dalle risa Fedoro. Il povero diavolo sudava ben più copiosamente dei convitati cinesi, condannati a rimpinzarsi come oche di Strasburgo, per non mostrarsi maleducati.