Pagina:Salgari - I figli dell'aria.djvu/235

Da Wikisource.

sugli altipiani del tibet 205


— E che cosa avverrà, quando comincerà a raffreddarsi, per la nostra umanità? — chiese Rokoff.

— Se non l’avrà abbruciata prima di giungere a quel periodo, tristi giorni dovranno passare gli abitanti del nostro globo. La terra, non più riscaldata, diverrà infeconda, anche in causa del continuo ritirarsi dei fuochi centrali; le sue estremità si copriranno di ghiaccio e i poli invaderanno a poco a poco l’America e l’Australia. I popoli saranno costretti a radunarsi sotto l’equatore, finchè suonerà anche per quelle regioni l’ora fatale.

— Capitano, ora mi fate rabbrividire pel freddo, — disse Rokoff. — Mi pare di trovarmi rinchiuso in un monte di ghiaccio. Mi sento venire la pelle d’oca pensando a quei giorni.

— Serbate i vostri brividi per altre occasioni, — disse il capitano ridendo. — Fra dieci, o venti, o centomila secoli non vi saremo più, state sicuro. Lasciate quindi che tremino i nostri tardi pronipoti. Signori, passiamo la catena! Badate alle nausee! —


CAPITOLO XXV.

L’uragano di neve.

Lo Sparviero con un’ultima volata aveva raggiunto i primi picchi degli Tschong-kum-kul, precipitando subito in un immenso vallone fiancheggiato da due imponenti ghiacciai per sottrarre gli aeronauti alla rarefazione dell’aria, che cominciava a produrre i suoi effetti pericolosi con tale intensità, da far vacillare e impallidire anche il capitano e il macchinista.

In fondo a quell’abisso che s’abbassava per oltre mille metri, si vedeva scorrere un fiume, qualche affluente del lago Kum-kul-darja, che si slanciava con salti immensi attraverso a rupi e scaglioni, formando una serie di cascate maestose, i cui fragori, centuplicati dall’eco delle montagne, giungevano fino agli orecchi degli aeronauti.

Quale panorama selvaggio! Era una di quelle scene che in nessuna parte del mondo se ne può vedere. Era il bello orrido in tutta la sua imponente grandezza.

Lo Sparviero, che s’avanzava colla velocità di trenta chilometri all’ora, ora s’abbassava nell’abisso, ora volteggiava invece sopra i ghiacciai scroscianti, dai cui margini precipita-