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126 emilio salgari


Il mias, vistosi presso terra, guardò giù un’ultima volta emettendo un rauco brontolìo, poi si lasciò cadere e s’avvicinò al giaciglio occupato da Amely e Dik, allungando le villose braccia.

Un momento ancora e l’uno e l’altra erano perduti, ma il soldato dinanzi al supremo pericolo aveva riacquistata la sua audacia. Balzò rapidamente innanzi urlando:

– Signor Held!...

Il mias udendo quel grido s’arrestò, dardeggiando sul soldato due occhi iniettati di sangue, poi a sua volta fece un passo verso quell’avversario rizzandosi quanto era lungo e mostrando le potenti mani e gli acuti denti.

Il siciliano non esitò più: puntò rapidamente il fucile e fece fuoco a tre soli passi di distanza.

L’uomo dei boschi, quantunque colpito in pieno petto ed a bruciapelo, non cadde. Emise un rauco urlo, che aveva qualche cosa d’umano, i suoi occhi si dilatarono spaventevolmente e si precipitò addosso all’avversario tentando di afferrarlo.

Questi, più pronto del lampo, spinse innanzi la carabina come per farlo retrocedere, cacciandogliela fra le mascelle aperte. Sembrò che avesse introdotta una pagliuzza: quei denti, più solidi dell’acciaio meglio temperato, rinchiusi con una potenza incalcolabile, schiacciarono la canna come se fosse stata di piombo.

Landò emise un grido disperato: si vedeva ormai perduto, avendo lasciato la scure presso l’albero.

A quel secondo grido ne rispose un altro:

– Eccomi Lando!...

Held era balzato in piedi e si precipitava in suo soccorso, mentre Amely metteva grida d’orrore.

Con un salto si gettò fra il siciliano ed il mias e scaricò la sua arma.

Questa volta l’uomo dei boschi cadde, ma sollevatosi con uno sforzo disperato, si mise a fuggire, galoppando come un quadrupede, salutato da altri due colpi di fucile sparatogli dietro da Amely e dal piccolo Dik.

Per alcuni istanti lo si udì rompere furiosamente i rami dei cespugli ed i rotang, poi il rumore cessò.

– È caduto – disse Dik, accorrendo coll’arma ancor fumante.

– Non fidiamoci – disse Held. – Quegli animali hanno un