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chie poco dilatate, gli occhi piccoli, l’estremità del naso armata da due corna nere messe l’una dietro all’altra, la prima lunga oltre mezzo metro, aguzza, solida e la seconda breve, rudimentale.

Le loro gambe erano tozze, sprovviste d’artigli, rugose al pari del dorso e coperte d’uno strato di fango disseccato.

L’olandese li aveva subito riconosciuti. Erano due rinoceronti della specie che s’incontra nell’isola di Sumatra, animali formidabili, che popolano anche le foreste del Borneo, intrattabili, stupidi, feroci, che montano in furore appena scorgono un avversario qualunque. Senza dubbio s’erano accorti della presenza degli elefanti e muovevano verso quei colossi per dare battaglia, disputandosi, questi giganti, il regno delle selve.

Giunti sull’orlo della grande macchia di bambù, i due rinoceronti s’erano arrestati fiutando l’aria ed emettendo i loro potenti niff!... niff!...

Quasi subito si vide i bambù tulda aprirsi impetuosamente e tosto apparire una coppia d’elefanti, un vecchio maschio ed una femmina. Erano due merghee selvatici, animali che si trovano solamente nel continente asiatico, nelle isole di Ceylan, di Giava, di Sumatra, Borneo e Celebes.

Sono differenti da quelli africani, più grandi, più sviluppati; hanno gli orecchi però più piccoli di un buon terzo, le zanne meno grosse e meno pesanti e la fronte concava invece d’averla convessa. Differiscono anche nei piedi, poichè quelli africani contano tre zoccoli nelle gambe posteriori, mentre gli asiatici ne hanno invece quattro. Anche le femmine sono diverse, poichè quelle di razza merghee sono quasi sprovviste di zanne, o se le hanno, sono così piccole che appena si vedono.

Erano entrambi di taglia elevata, gigantesca, essendo più alti dei coomarehah, altra specie che vive nel continente asiatico, ma più robusta, più massiccia e più pregiata. Avevano però la proboscide meno grossa di questi ultimi, le gambe più alte, ma dovevano essere più agili e perciò meglio adatti a sostenere l’assalto dei rinoceronti, i quali sono vivacissimi malgrado le loro forme tozze e pesanti.

Il maschio, accortosi senza dubbio della presenza dei due nemici, con un colpo di proboscide invitò la compagna a rientrare nel macchione, ben comprendendo che non avrebbe potuto resistere all’attacco, essendo sprovvista di zanne, poi s’inoltrò maestosamente attra-