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180 | emilio salgari |
– Saresti però contento di possedere una delle nostre canne che mandano fuoco?
– Ti darei tutti i crani dei nemici da me uccisi, le mie armi, le mie vesti, il mio canotto e le mie mangiala (reti) pur di possederne una. Diverrei invincibile e farei un’immensa raccolta di crani.
– Io, invece di una, te ne darò dieci, ma se tu ci aiuti a ritornare al nostro paese.
– Cosa devo fare?...
– Condurci sulle sponde del Koti e farci imbarcare su un praho.
– È lontano il tuo paese?...
– In trenta giorni di navigazione potrei giungervi.
– E tu mi darai dieci canne che mandano il tuono?... – chiese Sulinari cogli occhi ardenti.
– Sì.
– Io posso farti condurre al tuo paese, ma ad una condizione.
– Quale?
– Se tu mi uccidi, colle tue potenti armi, una tigre che minaccia il mio kampong e che noi non possiamo abbattere perchè è protetta da Antu e Buan.
– Chi sono questi Antu e Buan?
– I cattivi geni della foresta.
– La uccideremo.
Urla spaventevoli interruppero il loro dialogo. I guerrieri uscivano dalle loro capanne, seguìti dalle donne e dai fanciulli, che percuotevano furiosamente alcuni gong sospesi a delle aste di bambù.
Tutti quei selvaggi abbigliati da festa, coi capi coperti di penne variopinte, erano armati di parangs-ilang e di kriss. Quest’arma è la più caratteristica di quelle usate dalla popolazione del vasto arcipelago della Sonda ed è la più pericolosa di tutte. Pare che sia stata inventata nel XV secolo dal giavanese Inokarta Pati, re del Giangala.
Come abbiamo già detto, è lunga un piede giusto, ossia trentatrè centimetri, di metallo bianco (pamur) che si ricava solamente nelle miniere del Borneo o delle Celebes o dell’isola di Biliton, di tempra eccezionale, ben lavorata, damaschinata ed intarsiata d’oro.
La lama è o dritta o serpeggiante, a doppio taglio, scannellata