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i naufragatori dell'«oregon» 191


– Ma che ci frutterà una scorta ed i mezzi per raggiungere il mare. Zitto e apriamo per bene gli occhi.

Dopo quelle due urla, più nulla si era udito. Senza dubbio la tigre si era allontanata per cercare di sorprendere qualche babirussa o qualche banda di scimmie, o si era diretta verso la palude per attendere gli animali che si recavano ad abbeverarsi.

Passarono parecchie ore di continua ansietà pei due europei e pel dayaco. Già l’alba non doveva essere lontana e già cominciavano a perdere la speranza di veder ritornare il feroce carnivoro, quando in mezzo alla macchia udirono un leggero strofinìo e videro alcune cime di bambù a muoversi. Non soffiando più il venticello di prima, il dayaco ed i due europei sospettarono la presenza della fiera o di qualche altro animale.

– Attenzione – disse Held.

– Bisogna mettere un freno ai muscoli – mormorò il siciliano. – Tremo come se avessi la febbre.

I bambù continuavano ad agitarsi, ma lentamente, come se l’animale procedesse con infinite precauzioni per non attirare l’attenzione della futura vittima. In quell’istante il piccolo babirussa si mise a russare fortemente; certo aveva sentito l’avvicinarsi del formidabile nemico.

I due europei avevano alzate le carabine e Sulinari aveva accostata la cerbottana alla bocca, pronto a lanciare la freccia mortale, quantunque non avesse alcuna fiducia nel suo dardo, credendolo inefficace contro quella belva che egli credeva protetta dai geni della foresta. Nessuno fiatava: concentravano i loro sguardi sui bambù con viva ansietà. L’olandese, non nuovo a quelle pericolosissime cacce, conservava una calma ammirabile; il siciliano sentivasi il cuore battere precipitosamente e provava un vago malessere; il dayaco tremava, malgrado il suo provato coraggio.

– Eccola!... – esclamò ad un tratto Held.

La tigre era comparsa sull’orlo della grande macchia, mostrando dapprima la sola testa, poi l’intero corpo e finalmente la coda. La luna la illuminava perfettamente ed i cacciatori poterono scorgerla senza fatica. Era una grande tigre, poichè doveva misurare per lo meno due metri e mezzo dalla punta del naso all’estremità della coda. I suoi occhi, contratti in forma d’un i, mandavano dei cupi lampi