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i naufragatori dell'«oregon» 213


– Voi, O’Paddy?... – esclamò l’olandese, quando se lo vide dinanzi. – Disgraziato!... Dio vi ha punito.

Un pallido sorriso sfiorò le labbra dell’uomo di mare, poi rialzandosi con uno sforzo supremo e rivolgendosi ad Amely che lo fissava con uno sguardo commosso, disse:

– Mi perdonate voi?... Sono moribondo.

– Vi perdono, signor O’Paddy – rispose la ragazza.

– E voi?... – chiese rivolgendosi all’olandese, a Dik ed al soldato.

– Sì, O’Paddy – risposero i due primi.

– Vada pel perdono – disse il siciliano, dopo una breve esitazione.

– Grazie... avvicinatevi... voglio che sappiate... tutto. Mi avevano promesso un milione... Ho speronato l’Oregon, sperando di farlo andare... a picco, coi documenti, poi vi ho condotti alla costa... sperando di farvi prigionieri e di regalarvi come schiavi al Sultano di Semmeridam... Mi avevano proibito di uccidervi ed ho voluto risparmiarvi... mentre avrei potuto uccidervi venti volte... Fallito il colpo, dopo la fucilata sparatami dal marinaio, la cui palla mi aveva ferito leggermente al capo... avevo radunato dei Malesi e dei Bughisi per assalirvi prima che aveste potuto giungere al Koti... Affrettatevi... imbarcatevi... perchè troverete... un altro erede già insediato nell’abitazione del vostro defunto zio... signorina Amely... signor Dik... Gli scrissi venti giorni or sono... che voi eravate perduti nelle foreste del Borneo... che non sareste più mai ritornati a Timor... e sarà già laggiù...

– Ma chi è che vi ha pagato?... – chiese Held. – Chi è quest’uomo che si è impadronito dell’eredità?...

– È... è...

O’Paddy ricadde. I suoi occhi s'erano coperti come d’un velo e un getto di sangue gli era uscito dalle labbra.

– Il suo nome!... Il suo nome!... – esclamò Held.

O’Paddy riaprì gli occhi semi-chiusi, fece uno sforzo supremo e mormorò con un filo di voce:

– Wan-Baer!...

Poi ricadde, rinchiuse gli occhi e stramazzò a terra.

O’Paddy aveva cessato di vivere.