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i naviganti della meloria 133

— Parlate, Vincenzo.

— Giacchè abbiamo trovato questa zattera imbarchiamoci e lasciamo subito questa caverna.

— E Simone?

— Che il diavolo se lo porti! Egli ha già tentato di assassinarci ed è capace di giuocarci qualche altro brutto tiro.

— Vincenzo! — esclamò il dottore con tono di rimprovero.

In quell’istante fra le tenebre si udì echeggiare un scoppio di risa sataniche, poi una voce lontana, gridò con accento minaccioso:

— Il tesoro sarà mortale a padron Vincenzo! Ah! Ah! Sarà mortale perchè l’oro sarà tutto mio!


XVI.

L’inseguimento.


Il dottore ed i suoi compagni si erano vivamente voltati sperando di scoprire il luogo dove trovavasi lo slavo, ma questi, dopo di aver pronunciato quelle minacciose parole, era nuovamente scomparso. D’altronde la luce delle lampade e delle torce non poteva espandersi fino all’estremità della caverna.

Che cosa aveva intenzione di fare quel pazzo? Qual vendetta maturava il suo cervello sconvolto? Forse padron Vincenzo non aveva avuto torto quando aveva proposto di abbandonare la caverna ed il disgraziato al suo destino, pure tutti rabbrividivano all’idea di lasciarlo solo in quel tenebroso antro, solo nelle viscere della terra.

Anche il lupo di mare sembrava ora commosso.

— Povero uomo! — esclamò. — Il tesoro gli ha scombussolato il cervello!

— Bisogna prendere una decisione — disse Michele. — Noi non possiamo lasciarlo qui. È stato nostro camerata e poi si tratta d’un uomo.

— Cerchiamo di raggiungerlo e di ridurlo all’impotenza — suggerì Roberto. — Siamo in quattro e tutti robusti.

— E dopo? — disse padron Vincenzo. — Sarà cosa difficile condurlo con noi su questa zattera che può appena portarci.

— Pure non dobbiamo abbandonarlo — disse il dottore.

— Sono ora del vostro parere, signor Bandi, però...

— Cosa volete dire Vincenzo?