Pagina:Salgari - I naviganti della Meloria.djvu/34

Da Wikisource.
32 emilio salgari

— Quando partiremo? — chiesero i tre pescatori.

— Domani all’alba — rispose il dottore. — Per oggi riposeremo.

Da una cassa estrasse una lampada ad alcool ed aiutato dai tre pescatori in breve tempo preparò una buona colazione consistente in pesce secco condito con fagiuoli, in un pezzo di maiale salato, frutta secche, salumi e formaggi di varie specie. Due bottiglie di vino generoso completarono quel pasto fatto all’ombra delle casse, a pochi passi dalla spiaggia.

Durante la giornata i quattro audaci esploratori accomodarono i diversi oggetti rinchiusi nelle casse e si provarono a montare il battello pieghevole, operazione facilissima che richiese pochissimo tempo.

Giunta la sera, formarono colla tenda, colle casse e coi barili un ricovero e vi si sdraiarono sotto, avvolgendosi nelle loro coperte, certi di non venire disturbati, essendo pochissimo frequentata la valle del Brenta.

L’indomani, prima ancora che spuntasse il sole, quando gli uccelli palustri cominciavano a lasciare i loro nascondigli per slanciarsi sulla vasta palude, i quattro esploratori erano già in piedi, pronti a cominciare il trasporto delle casse e dei barili.

Avevano appena bevuto il caffè, quando Michele, essendosi spinto verso la scialuppa per vedere se vi avevano lasciato qualche oggetto, con suo grande stupore vide, a breve distanza, un’altra barca sommersa e che prima di quel momento non aveva notata.

— Signor Bandi! — gridò, tornando precipitosamente verso il ricovero improvvisato.

— Cosa succede giovanotto? — chiese il dottore, alzandosi lestamente.

— Avete udito nessun sparo durante la notte.

— Nessuno — risposero tutti.

— Eppure dei cacciatori devono essere sbarcati su questa spiaggia.

Il dottore e padron Vincenzo si guardarono l’un l’altro con una certa inquietudine.

— Che vengano a guastare la nostra impresa! — si chiese il primo. — Mi rincrescerebbe a doverla rimandare.

— Che cosa ti fa supporre che dei cacciatori siano sbarcati qui! — domandò padron Vincenzo.

— Vi è una barca arenata su di un banco e rovesciata sul tribordo. Guardatela: non dista da noi più di duecento passi.

— Una barca! — esclamarono il dottore e Vincenzo precipitandosi verso la riva.

— Ieri non vi era — disse Michele. — Di questo sono certissimo.

— Se vi fosse stata l’avremmo veduta — disse padron Vincenzo. — Corpo di cento tonni!... Come va questa faccenda? Che qualcuno sia venuto a spiarci?

— E chi volete che abbia avuto sentore della nostra impresa?

— Chi? Eh!... Per mille fulmini!... Noi abbiamo dimenticato troppo presto quel cane di slavo!...