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Pagina:Salgari - I pescatori di trepang.djvu/124

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122 capo xii.


loro scialuppa, sotto una grande tela cerata e la vela, che li proteggevano dalla pioggia e dagli spruzzi delle onde.

Non si svegliarono che dopo le 9 del mattino, nel momento in cui la tempesta perdeva rapidamente la sua forza.

Le nubi sparivano verso il nord, in direzione dello stretto di Torres e della Nuova Guinea o Papuasia, spinte innanzi dalle ultime raffiche, ed uno splendido sole brillava verso la costa australiana, indorando le onde del golfo di Carpentaria, le quali però non si erano ancora calmate.

Fra gli alberi di cocco che crescevano sull’isola, battaglioni di pappagalluzzi verdi e rossi, di loris colle penne cremisine e le gole nere e di piccoli pardalotus colle penne grigie striate di giallo, cinguettavano o chiacchieravano allegramente, salutando il sole, mentre alcune bernicle jubate brutti e sgraziati volatili, grossi come piccioni, con un collo lungo e sottile, le piume nere e bianche e le zampe palmate, volavano agilmente sulle onde o sopra le scogliere, cercando i granchi ed i pesciolini.

— Zio mio! esclamò Hans, che si era arrampicato sull’isolotto. T’invito a colazione.

— Hai trovato qualche animale?... Io lo dubito, non vedendo che degli uccelli.

— Vedo delle noci di cocco che ci daranno un latte delizioso.

— Che noi non rifiuteremo, Hans. Prendi una scure, vecchio Horn e andiamo a far cadere qualche noce.

— Ve ne sono però poche assai, signor Stael, disse il marinaio. Che degli australiani siano venuti qua a raccoglierle?

— No, le avranno mangiate i granchi ladri; vedo qui una noce vuota e semi spezzata e le tracce di quei crostacei impresse su questa leggera sabbia.

— To’! esclamò Hans. Vi sono dei granchi che mangiano le noci di cocco?

— Sì, ragazzo mio, e come sono ghiotti!... Sono granchi giganteschi, armati di morse potenti e quando scoprono degli alberi di cocco, s’affrettano ad arrampicarsi sui tronchi ed a far cadere le noci.

— Ma come fanno a romperle, se sono così solide da sfidare una scure?

— Introducono una delle loro morse nel così detto occhio