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38 | Capitolo Quinto. |
Questi che si trovavano a piedi nudi, vedendo avanzarsi quegli oggetti erano balzati indietro mandando urla di furore e anche di dolore perchè alcuni avevano già provato i primi morsi di quelle terribili punte.
— Ecco arrestato il loro assalto, — disse il capitano che rideva delle smorfie che facevano i primi feriti. — Vedremo se potranno attraversare quei graziosi ninnoli.
Poi alzando la voce, tuonò:
— Rientrate nel frapponte o vi spazzo via a colpi di mitraglia!
Sao-King, facendosi largo fra i suoi compatrioti, si era spinto fino alle prime linee per rendersi conto del pericolo che aveva arrestato i suoi uomini.
Il capitano Carvadho, scorgendolo, aveva puntato verso di lui il fucile, ma il bosmano gli aveva abbassata l’arma, dicendogli:
— No, comandante. Non rendiamoli più furibondi. Cerchiamo di calmarli prima o ci faranno a pezzi.
— Ho una voglia pazza di mitragliarli, — rispose Carvadho.
— Pensate che ogni uomo che cade è una perdita per voi. Quella carne gialla vale dell’oro e poi... non siamo troppo crudeli, signore.
— Per delle pelli-gialle! Tuttavia apprezzo il tuo consiglio perchè, infine, questi uomini valgono del denaro. Ehi, Sao-King!
Il chinese si era fatto avanti; però cinque o sei dei suoi compagni gli s’erano stretti intorno per fargli scudo col loro corpo.
— Vi arrendete? — chiese il capo dei coolies.
— Hai troppa fretta, mio caro, — rispose il capitano.
— Cosa volete allora?
— Consigliarti di ritornare nel frapponte prima che succeda un macello.
— Mai! — rispose il chinese, con accento fermo. — Abbiamo acquistata la nostra libertà a prezzo di molto sangue e la conserveremo.
— Che cosa esigi?
— Che ci si riconduca in Cina.
— Tu sei pazzo, Sao-King, — disse il capitano.
— Volete la morte?
— Sarò io che ve la darò. Siamo bene armati ed un cannone è ancora in nostra mano.
— Lo prenderemo d'assalto.
— Provati! Bada però che ti scorticherai i piedi.
— A me, amici! — gridò il chinese. — Diamo battaglia agli uomini bianchi! —