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Gl'igoroti di Mindanao 169


una lunga canna di bambù, munita di tacche per appoggiarvi i piedi ed erasi issato sulla piattaforma per informare il capo tribù dell’arrivo di quegli stranieri, armati di quelle formidabili canne che mandano il tuono.

La sua assenza durò solamente pochi minuti. Hong ed i suoi compagni lo videro ridiscendere con vertiginosa rapidità, e appena si trovò a terra, disse al malese con aria giuliva:

— Il capo m’incarica di darvi il benvenuto, e di dirvi che tutta la tribù sarà ai vostri ordini.

— Sta bene, — disse Hong, quand’ebbe udita la traduzione, — ma io mi domando come faremo a inerpicarci fino a quella piattaforma. Per te malese sarà cosa non difficile, non per noi che non siamo marinai, e tanto meno possediamo l’agilità meravigliosa di questi omiciattoli dei boschi. —

Il selvaggio forse lo comprese, perchè sorrise e gli additò una specie di paniere che appunto in quel momento veniva calato dall’alto per mezzo di due grosse e robuste fibre vegetali, forse dei rotang intrecciati.

Sheu-Kin pel primo intraprese l’ascensione, giungendo felicemente sulla piattaforma, poi Than-Kiù, finalmente Hong. Pram-Li, da vero marinaio, li aveva preceduti inerpicandosi sul bambù.

Quello strano villaggio situato a dodici metri dal suolo, pareva più l’opera di provetti ingegneri che di poveri selvaggi ignari d’ogni principio di costruzione, tanto era solido e ben costruito.

Si componeva d’una immensa piattaforma formata di bambù, appoggiata sui rami degli alberi, ed in modo da non correre il menomo pericolo di sfasciarsi.

Una dozzina di tettoie, una per ogni famiglia, si rizzavano all’intorno, lasciando al centro un piccolo piazzale, dove sopra un letto di sassi ardeva un gran fuoco. Era il camino di tutta la tribù.

Una quarantina d’uomini, una trentina di donne e due dozzine di fanciulli formavano la popolazione, sotto il comando di un vecchio mandaya dalla barba ed i capelli bianchi, di statura bassa al pari dei suoi sudditi, e che per unico distintivo portava una collana di conchiglie bianche e di denti di pantera.

Egli doveva essere stato il più prode di quel minuscolo popolo, essendo il suo corpo sfregiato da numerose cicatrici, da colpi di kampilang e di bolos.

Appena gli stranieri comparvero sulla piattaforma andò loro incontro, poi vedendo Than-Kiù ed avendola subito riconosciuta per una donna, la prese per una mano e la condusse presso il fuoco, dicendole in lingua malese: