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L'inseguimento dei guerrieri del «bagani» 187


zarsi, sul margine d’un folto macchione di banani, il giovane selvaggio.

Egli fece un cenno ai suoi amici di non muoversi, stette alcuni istanti in ascolto, curvandosi verso terra, poi attraversò rapidamente lo spazio scoperto, raggiungendoli.

— Dunque?... — chiese Pram-Li.

— Siamo spiati, — rispose Tiguma, con voce alterata.

— Da chi?

— Dagli uomini del bagani.

— Sei proprio certo?...

— Ho potuto vederli.

— Quanti sono?... — chiese Hong, dopo avere udita la traduzione di quelle parole.

— Dieci o dodici, finora.

— Sono lontani? — chiese Pram-Li.

— Forse cinquecento passi.

— Bisognerebbe sorprenderli e dare loro battaglia prima che si uniscano al grosso della truppa.

— Agli spari accorreranno gli altri, — rispose Than-Kiù. — No, credo che sia più prudente affrettare la marcia ed attraversare il Bacat. Domanda se il fiume è lontano.

— Potremo giungervi al tramonto, — disse Tiguma.

— Temi che ci assalgano durante la marcia?... — chiese Pram-Li.

— No, — rispose il giovane selvaggio. — Attenderanno la notte per sorprenderci, sapendo per prova che voi possedete le armi che tuonano; però ci terremo in guardia, e poi spero di sventare il loro attacco.

— In qual modo?... — domandò il malese.

— Conducendovi in un luogo dove ci sarà facile difenderci e senza esporci troppo.

— Presso qualche tribù, forse?...

— No, in una delle numerose caverne che si trovano sulle rive del Bacat.

— Allora affrettiamoci e, se è possibile, cerchiamo di far perdere le nostre tracce agli uomini del bagani.

Dopo d’aver ascoltato un’ultima volta, ripartirono di buon passo attraverso la foresta. Tiguma si era messo alla testa, dietro di lui camminavano Hong e Than-Kiù, ed il giovane chinese e Pram-Li formavano la retroguardia.

Tutti avevano armati i fucili onde essere pronti a rispondere al primo attacco, e Tiguma teneva la lancia in ispalla per essere più lesto a gettarla.