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La fuga 19


— Sì, Hong — rispose la giovanetta, con suprema energia.

— E cosa pensi del Giglio d’acqua?...

— Pensavo che mio fratello, dopo d’esser stato il capo delle società segrete, dopo d’aver sparso il proprio sangue per la libertà delle isole e di essere morto da eroe, non ha più nessun amico fra i suoi compatrioti, fuorchè Sheu-Kin. —

Hong era ritornato verso Than-Kiù.

— Ho voluto tentarti fino all’ultimo, — le disse, — ma vedo che tu sei irremovibile e sempre generosa. No, Than-Kiù, il Giglio d’acqua non abbandona i suoi affiliati nel momento del pericolo ed Hong conta sempre numerosi amici. La valorosa Than-Kiù avrà ancora la protezione della società e può vivere tranquilla.

Gli spagnuoli vegliano su di te, ma anche i membri del Giglio d’acqua e del Loto bianco vegliano: se essi attendono il momento opportuno per arrestarti, noi aspettiamo il buon momento per salvarti. Ne vuoi una prova?... Guarda! —

Spense la grande lanterna di talco che illuminava la stanza e che Pram-Li da alcuni minuti aveva accesa, staccò dalla parete uno di quei meravigliosi specchi la cui fabbricazione è anche oggidì un segreto conosciuto solamente dai chinesi e dai giapponesi, composto d’un metallo lucentissimo che pare abbia la proprietà inesplicabile di godere la trasparenza del cristallo, perchè proietta sui muri, allorchè è illuminato, le figure a rilievo che si vedono sul di dietro, e s’avvicinò alla finestra.

La luna si era alzata allora sopra le creste della Sierra e splendeva purissima in un cielo senza nubi, proiettando la sua pallida luce sul molo di Binondo e sulla candida casetta di Than-Kiù, dal tetto a punte arcuate ed a tegole di porcellana gialla.

Hong guardò la baia e indicò a Than-Kiù, che gli stava dietro, una scialuppa che vogava lentamente sui flutti d’argento, a tre o quattrocento passi dal molo.

— Sta’ attenta, — mormorò.

Espose lo specchio alla luna e lo fece scintillare tre volte, mandando in alto un raggio di luce così nitida, così viva, che pareva un piccolo fascio di luce elettrica.

Un istante dopo sulla scialuppa si videro alzarsi dei piccoli razzi, i quali producevano dei crepitìi così acuti, da udirsi fino alla gettata ed anche più oltre. Gli uomini che la montavano bruciavano degli p’ ao chu, ossia quei razzi crepitanti che sono così cari ai chinesi, poichè ricordano loro lo scoppiettìo dei bambù verdi che usavano bruciare i loro antenati quando volevano scacciare gli spiriti maligni.

— Hai veduto? — chiese Hong.