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230 Capitolo trentesimo


Nessun altro rumore pervenne ai loro orecchi durante un’ora, che sembrò loro lunghissima. Anche dalla parte dell’accampamento il chiacchierìo era cessato e la luce dei fuochi si era affievolita.

Certi ormai di non essere più spiati, Hong ed i suoi compagni lasciarono il nascondiglio e ripresero la salita della collina, giungendo felicemente su una delle due gobbe.

L’accampamento dei cacciatori di teste si trovava sotto quel poggio, in uno spazio privo di cespugli.

Si componeva d’una trentina di piccole tettoie costruite frettolosamente con rami e foglie di banani e di arecche, per difendere gli accampati dall’umidità della notte, molto pericolosa in quei climi, sviluppando sovente la febbre dei boschi. Otto falò, ormai semispenti, ardevano intorno a quel gruppo di capanne, mandando di quando in quando dei bagliori sanguigni o giallastri.

Nessuna sentinella si vedeva agli angoli del campo, però alcuni uomini dormivano presso i fuochi, avendo le loro armi a portata di mano.

— Dove sarà Tiguma? — si chiese angosciosamente Hong.

— Non lo vedi?... — chiese il malese.

— No, Pram-Li.

— Là sotto quell’albero, legato al tronco. —

Ad una delle estremità dell’accampamento sorgeva isolato un arecche, le cui grandi foglie, disposte a ombrello, proiettavano una cupa ombra.

Attaccato all’esile tronco, si vedeva una forma confusa, che poteva essere un uomo.

— Non può essere che quello, — disse il malese. — Cosa dici, Vindhit?

— È Tiguma, — disse l’isolano, la cui vista sfidava quella del malese e del chinese.

— Non mi era ingannato, — disse Pram-Li, volgendosi verso Hong. — Anche Vindhit lo ha riconosciuto.

— Si tratta ora di poterlo avvicinare e di rapirlo, — disse Hong.

— Un progetto quanto mai ardito, — disse Pram-Li, scuotendo il capo.

— Ne hai uno migliore tu?...

— No, Hong, ma lo trovo troppo pericoloso. È impossibile attraversare questi fuochi senza che gli uomini che dormono fuori delle capanne non se n’accorgano.

— Prova ad interrogare Vindhit. Questi selvaggi talvolta hanno delle idee migliori delle nostre. —

Il malese espose al giovane isolano il progetto del chinese.

Vindhit lo ascoltò in silenzio, riflettè alcuni istanti, poi disse: