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264 Capitolo trentatresimo


lago, miei i villaggi che le circondano, miei i boschi, le fiere, i pesci, gli uccelli. Lo dirai loro.

— Lo sanno di già.

— E non sono venuti a rendermi il dovuto omaggio?

— Non sono giunti che ora e contavano ripartire questa sera.

— E cosa vengono a fare qui? Io ho udito parlare della loro nazione e mi hanno anche detto che è molto grande e molto potente, che ha grandi navi e molti cannoni.

— Essi sono venuti a reclamare la liberazione di alcuni uomini bianchi che prima si trovavano qui.

— Gli uomini bianchi! — esclamò il sultano, dardeggiando su Hong, che s’era fatto arditamente innanzi, uno sguardo cupo. — Dirai loro che sono giunti troppo tardi perchè anch’io sono venuto a reclamarli e per conto mio.

— Allora anche tu sei venuto troppo tardi, — disse Hong a cui erano state tradotte quelle parole.

Aveva pronunziata quella frase in spagnuolo ed il sultano che conosceva sufficientemente quella lingua, lo aveva subito compreso.

Udendo quelle parole, guardò il chinese con stupore, poi disse:

— Cosa vuol dire l’uomo giallo?

— Che tutti siamo giunti qui troppo tardi.

— E perchè?

— Perchè gli uomini bianchi sono fuggiti.

— Quando? — chiese il sultano, con sorda ira.

— Da tre giorni fuggono attraverso i boschi.

— Tu menti! — urlò il monarca.

— Gli uomini gialli non sono tuoi cani, nè tuoi schiavi per dare loro una smentita, — rispose Hong, audacemente. — Basta! La nostra nazione ha navi, ha soldati, ha cannoni ed è tanto grande da fare un solo boccone del tuo sultanato.

— Ma è lontana.

— Forse meno di quello che tu credi.

— Ed io sono vicino a te.

— E vuoi concludere? — chiese Hong, incrociando le braccia e guardandolo minacciosamente.

Il sultano sostenne per qualche istante lo sguardo fiero del chinese, poi abbassò gli occhi, dicendo:

— Sì, gli uomini gialli sono forti e potenti, ma anche il sultano di Butuan ha molte canoe e molti guerrieri e avrà gli uomini dalla pelle bianca.

— Ti ho detto che sono fuggiti.

— Manderò uomini ad inseguirli.