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La foce del Talajan | 53 |
grossi albatros e di pesanti pelargopsis dal becco rosso come il corallo e di dimensioni straordinarie in paragone al corpo dei volatili.
Hong e Tseng-Kai aguzzavano gli sguardi sperando di scoprire qualche battello da pesca o qualche attruppamento di capanne, ma senza alcun risultato. Quelle spiagge, altre volte popolate e frequentate dai prahos malesi, dai padevakan macassaresi e dalle giunche chinesi, erano diventate assolutamente deserte. Perfino gli abitanti pareva che fossero fuggiti nell’interno.
Alle dieci del mattino la tow-mêng, che procedeva con una velocità di tre nodi all’ora, passava dinanzi al Tenuan, un piccolo fiume che sbocca fra banchi di sabbia e più tardi dinanzi al Matabar presso la cui foce doveva trovarsi un piccolo villaggio, però nè Tseng-Kai nè i suoi uomini riuscirono a vedere una sola abitazione in piedi. Pareva che tutto fosse stato distrutto, e non si poteva sapere se dai suoi abitanti o dai pirati che avevano assalito la cannoniera.
A mezzodì, oltrepassate le profonde insenature che forma la costa, specie di canali rassomiglianti un po’ ai fiords della Norvegia, la tow-mêng gettava l’ancora alla foce del Talajan.
Questo fiume è uno dei più considerevoli di Mindanao, poichè ha le sue sorgenti nelle regioni meridionali, presso i monti Dicalungan, con vaste diramazioni che lo uniscono al Brazo Norte del Rio Grande, servendo d’unione al Sur ed al lago di Butuan per mezzo del Bacat.
La foce del fiume era pittoresca. Le due rive, assai basse, erano ingombre di splendidi alberi dalle foglie gigantesche, le quali proiettavano una cupa ombra sulle acque limpide della riviera.
Isole ed isolotti somiglianti a grandi mazzi di verzura, sorgevano qua e là, ricettacolo sicuro di miriadi d’uccelli costieri, i quali vi svolazzavano intorno mandando gioconde strida.
Non un villaggio, anzi nemmeno una capanna si vedeva sorgere fra il verde cupo di quella esuberante vegetazione. Solamente alcune barche abbandonate sui banchi di sabbia, mezze sommerse, indicavano che un tempo degli abitanti avevano colà soggiornato.
Hong, Tseng-Kai e Than-Kiù, dopo aver gettato uno sguardo sospettoso sotto quei boschi che potevano servire di rifugio ai predoni che avevano assalito la cannoniera, erano saliti sull’albero maestro per dominare meglio le due rive e parte del corso superiore del fiume, prima di arrischiarsi a tentare una esplorazione, non essendo per nulla rassicurati dalla calma che regnava in quel luogo.
— Vedremo, — disse Hong, che si era accomodato sulle crocette. — Se è qui che la cannoniera è stata assalita, qualche rottame si dovrebbe trovare. Cosa ne dici, Tseng-Kai?...
— Sono del tuo parere, — rispose il vecchio chinese. — Lo scafo