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Il tradimento del malese 67


il segnale, vide levarsi pesantemente una coppia di quegli orribili e giganteschi pipistrelli chiamati tainan e che somigliano più a gatti ed a volpi che a volatili. Nello spiccare il volo avevano mandato due grida di spavento ed invece di posarsi sulla stessa riva, avevano attraversato il fiume.

— Hai veduto? — chiese a Than-Kiù.

— Sì, — rispose la giovanetta, — e se quei tainan si sono alzati così precipitosamente, ciò indica che sono stati spaventati da qualche uomo.

— O da più uomini, — aggiunse Hong. — La riva però è vicina e saranno ben bravi se sapranno scovarci in mezzo al bosco.

— Temo sempre per Tseng-Kai.

— Non inquietarti per lui. —

La canoa era allora giunta presso la riva ed i due rematori, con un’ultima spinta, l’avevano arenata in mezzo ai paletuvieri.

Hong, prima di sbarcare, stette in ascolto, poi rassicurato dal profondo silenzio che regnava in mezzo ai boschi, balzò a terra.

Than-Kiù e gli altri lo seguirono, gli uni coi fucili armati ed il pescatore malese col formidabile bolo in pugno.

— Guidaci, — disse Hong al malese, — ma bada che io ti starò dietro e al primo sospetto ti fracasso il cranio con un colpo di fucile.

— Non ho alcuna voglia di farmi uccidere, — rispose il pescatore, sforzandosi a sorridere. — Vi condurrò in salvo nella mia capanna. —

Si misero in marcia, l’uno dietro l’altro, il pescatore dinanzi e Pram-Li in coda, aprendosi faticosamente il passo fra i rami, le radici ed i calamo che formavano una specie d’immensa rete. Procedevano con somma precauzione, fermandosi di sovente per tendere gli orecchi, avendo da temere un improvviso attacco non solo da parte degli uomini, ma anche dai serpenti, che sono numerosi a Mindanao e di dimensioni straordinarie, e dai feroci gattopardi nebulosi che sono molto comuni nelle fitte foreste.

Il pescatore, prima di muovere i rami, si curvava verso terra, poi si guardava intorno e solamente quando era ben certo di non esservi nelle vicinanze nè uomini, nè animali, osava avanzare.

Il bosco non era silenzioso. Di tratto in tratto scoppiavano dei clamori assordanti, dei latrati strani, che dovevano essere mandati da qualche banda di cani selvatici, occupati ad inseguire qualche capo di selvaggina; poi era una serie di fischi lanciati da certe specie di ranocchi grossissimi; quindi dei miagolìi sordi o dei brontolìi lanciati da qualche gatto pescatore ronzante sulle rive del fiume e di quando in quando echeggiava anche il grido rauco e breve di qualche pantera nera, formidabile animale che non teme di assalire un drappello d’uomini armati.